A febbraio indice dei prezzi in calo all’8,5% ma è record del Cpi core. Gli asset manager rivedono al rialzo le stime sui tassi: quasi scontato un rialzo dello 0,5% a maggio
Sarà una Bce a trazione hawkish quella chiamata a decidere la politica monetaria dell’Eurozona nelle prossime riunioni. A rafforzare l’ipotesi è l’ultimo dato sull’inflazione, che a febbraio ha fatto registrare solo un lieve calo ribadendo come il livello dei prezzi nel Vecchio Continente sia ancora lontano dal poter calare in modo strutturale e continuativo. Un’evidenza, peraltro già confermata alla vigilia dalle pubblicazioni di Francia e Spagna, che ha immediatamente convinto gli analisti a ritoccare al rialzo le previsioni sulle prossime strette dell’Eurotower. Con alcuni che ora vedono il terminal rate oltre il 4%.
Tradite le attese
A febbraio l’indice dei prezzi dell’Area euro si è attestato nel dettaglio all’8,5%, in lieve contrazione rispetto all’8,6% del mese precedente ma ben oltre l’8,1% atteso dal consensus. Per quanto riguarda le principali componenti, l’Eurostat prevede che il tasso annuo più elevato sarà quello di prodotti alimentari, alcolici e tabacco (15% dal 14,1% di gennaio), seguiti dall’energia (13,7% dal 18,9%), dai beni industriali non energetici (6,8% dal 6,7%) e dai servizi (4,8% dal 4,4%). Ma a preoccupare è soprattutto l’indice core, quello al netto di combustibili e cibo, che ha mostrato una crescita del 5,6% battendo sia il dato del mese precedente sia la stime del mercato (entrambi +5,3%). Un vero e proprio record. Da segnalare poi anche il caso dell’Italia, dove la frenata di gas e petrolio ha fatto crescere i prezzi di appena lo 0,3% su base mensile e del 9,2% contro il precedente 10% su base annua.
Lagarde: “Possibili aumenti oltre marzo”
Christine Lagarde, Presidente della Bce
Prima della diffusione del dato di febbraio, la presidente della Bce Christine Lagarde ha provato a rassicurare, in linea con quanto detto martedì dal collega Philippe Lane, spiegando che l’inflazione dovrebbe scendere “molto di più” a marzo. Ma non ha potuto esimersi dal precisare anche che sono possibili ulteriori rialzi dei tassi oltre a quello di mezzo punto previsto tra due settimane. “A questo punto, non escludiamo di continuare quel percorso”, ha affermato, sottolineando però l’impossibilità di dire ora a quanto ammonterà il ritocco “in ogni singola riunione”.
Lo stesso approccio emerge dai verbali della riunione Eurotower di febbraio appena pubblicati, nei quali si intravedono divergenze sulle puntuali indicazioni riguardo il meeting di marzo, definito “punto di riferimento per valutare il successivo percorso di politica monetaria, anche in base a una nuova serie di proiezioni macroeconomiche”. Oltre alla necessità di mantenere la rotta, nelle minute viene evidenziata anche la tenuta dell’economia del Vecchio Continente, i cui recenti sviluppi sembrano in linea con un “atterraggio morbido”. In tali circostanze, si legge, il Consiglio direttivo potrebbe essere in grado di abbattere l’inflazione senza sacrifici eccessivi per l’attività economica. Bollati, infine, come “prematuri” i timori di una stretta eccessiva, “visti gli attuali elevati livelli di inflazione e in considerazione della probabile persistenza delle pressioni sui prezzi sottostanti”.
Intanto, sulla questione è intervenuta anche Isabel Schnabel, membro del board, rimarcando che la dimensione attuale del bilancio Bce è più ampia del necessario per attuare efficacemente la politica monetaria e che quindi la riduzione del portafoglio porterebbe vantaggi. “L’improntate stock di attività acquisite nell’ambito del Quantitative easing continua a fornire un significativo accomodamento che potrebbe essere in contrasto con i nostri sforzi per riportare il carovita all’obiettivo del 2% rapidamente. Il Quantitative tightening esaurirà gradualmente questo impatto”, ha affermato l’economista tedesca.
Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia
Si complica dunque il dibattito in seno all’Eurotower, con i nuovi dati che rafforzano i falchi. “Le mosse restrittive della Bce negli scorsi mesi hanno avuto poco effetto sull’economia reale perchè l’inflazione, soprattutto core, continua a essere persistente su livelli alti. E dai dati emerge anche come non sia più legata solo a fattori dal lato dell’offerta”, fa notare Filippo Diodovich, senior market strategist di Ig Italia.
Un considerazione da cui scaturisce una conclusione quasi scontata, cioè che Francoforte dovrà cambiare passo sia nelle scelte sui tassi sia nella comunicazione. “La Bce dovrà prolungare molto più a lungo del previsto gli sforzi per riportare l’inflazione in un sentiero indirizzato al 2%, target che sarà raggiunto probabilmente nei prossimi 18 mesi”, spiega il manager. Per poi aggiungere: “Per IG Italia il board alzerà il costo del denaro di 50 punti base a marzo e di altri 25 nelle riunioni di maggio, giugno e luglio, portando il tasso benchmark a un terminal rate del 4,25%.
Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte, per il quale ora “ci sono più argomenti a favore dei falchi Bce per sostenere l’ipotesi di un rialzo del tasso sui depositi di mezzo punto non solo a marzo ma anche a maggio, oltre alla necessità di arrivare al terminal rate di almeno il 3,5%”.
“Si tratta di una situazione difficile per Francoforte. La maggior parte degli analisti riteneva che l’inflazione dell’Eurozona avrebbe iniziato a normalizzarsi presto e che gli effetti base avrebbero fatto la differenza abbassando l’inflazione annua complessiva e di base. Tuttavia, i dati di questa settimana complicano notevolmente la situazione”, osserva Tim Graf, managing director head of macro strategy for Emea di State Street Global Markets.
Tim Graf, managing director head of macro strategy for Emea di State Street Global Markets
Per l’esperto, l’indice core a un nuovo record rappresenterà il vero problema della Bce. “L’inflazione di fondo è sempre forte a febbraio e marzo, quando si inverte lo sconto sulle vendite di gennaio. Tuttavia, la maggior parte di questa inversione avviene a marzo. Il Cpi core è invece aumentato dello 0,8% il mese scorso, mettendo a segno il più grande incremento mai registrato in quel periodo dell’anno. Un rialzo di 50 punti base a marzo è ormai cosa fatta e, considerando la situazione, si prevede che la riunione della Bce di maggio risulterà in un rialzo della stessa portata”, conclude Graf.
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