Mercati, il cambiamento climatico come l’inflazione
Gli effetti nuovi o imprevisti delle modificazioni meteo, soprattutto negli Stati Uniti, si manifesteranno probabilmente prima nei prezzi dei titoli degli insurance-linked per diverse ragioni
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Con l’aumento delle temperature medie globali e la maggiore frequenza di eventi metereologici estremi, i dati scientifici a supporto del riscaldamento climatico non possono più essere ignorati. La comunità internazionale ha riconosciuto l’importanza di contenere il riscaldamento globale al di sotto della soglia dei 2°C, ma per raggiungere questo obiettivo sarà necessario un profondo cambiamento nelle attività economiche e una riallocazione del capitale. E Candriam ha deciso di far parte di questo cambiamento, lanciando lo scorso 5 giugno il Candriam Sri Equity Climate Action, tra i primi fondi “carbon neutral” gestiti attivamente a livello globale e il primo nella gamma dell’asset manager.
“Le società diventano sempre più efficienti e individuano soluzioni alternative per fronteggiare l’impatto del cambiamento climatico – spiega Elisa Vergine, senior Esg analyst di Candriam – Il nostro rigoroso approccio analitico individua quelle società con il posizionamento migliore per creare valore nel lungo termine. La compensazione dell’impronta di carbonio del portafoglio ci consente di offrire agli investitori una vera soluzione a emissioni zero”.
Come può il fondo azzerare le emissioni di Co2?
Facendo il cosiddetto carbon offsetting, ovvero comprando dei crediti di carbonio volontari che ci permettono di annullare le emissioni di Co2 legate al carbon footprint (valutazione delle emissioni di gas serra, ndr) del nostro portafoglio.
Come funziona nel concreto?
Prima di tutto vorrei fare una premessa, sulle emissioni di carbonio. Ne esistono di due tipi. Quelle di scopo 1, legate all’attività eseguita all’interno del perimetro di proprietà dell’azienda. E quelle di scopo 2, legate all’elettricità che viene comprata attraverso la rete elettrica. Noi “lavoriamo” su entrambe, in quanto incluse nel calcolo. Calcoliamo il carbon footprint del nostro prodotto e poi riduciamo le emissioni investendo in progetti ambientali.
Che tipo di progetti?
Ce ne sono tanti. Noi ci siamo concentrati soprattutto sui progetti legati all’energia solare, all’efficienza energetica e alla riforestazione. E questi sono solo i primi step.
Poi che succede?
Lo step successivo è comprare crediti di carbonio volontari legati ai progetti scelti. Crediti che possono essere comprati da diversi intermediari. E ci sono dei registri, come Markit, che tengono traccia degli scambi di questi crediti. Dopo aver comprato i crediti possiamo procedere all’annullamento dei titoli in portafoglio, azzerando così le emissioni di Co2 del nostro prodotto.
Come selezionate i titoli da inserire in portafoglio?
Con una doppia analisi, finanziaria ed extra-finanziaria. Abbiamo un Climate Action Committee che analizza le società nel dettaglio, guardando ai prodotti chiave, a come rispondono alle sfide del cambiamento climatico sia in termini di mitigation sia in termini di adaptation al cambiamento climatico e alla percentuale di profitti legata alla sostenibilità. Inoltre, controlliamo anche che non ci siano attività nocive per l’ambiente.
In quali Paesi investite maggiormente?
L’allocazione geografica del portafoglio oggi vede il Nord America al 54%, l’Europa al 32% e il Pacifico al 9 per cento. C’è poca percentuale di emergenti, in parte legata ai nostri filtri Sri.