Private banking, semestre record: già raggiunto il target 2023
Le masse salgono del 2,5% a 1.057 miliardi. Merito di una raccolta netta di 13 miliardi e al contributo positivo dei mercati. Vola l’amministrato, cresce la consulenza a pagamento
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Dopo la crescita inarrestabile degli ultimi anni, il 2022 è riuscito a far piangere anche i ricchi. L’anno scorso, infatti, la popolazione globale degli High Net Worth Individual ha registrato il calo più significativo in termini di numero e di ricchezza da oltre un decennio. Colpa del crollo del mercato azionario, che anche negli anni della pandemia era sempre riuscito a garantire ritorni generosi ai Paperoni globali. Il dato emerge dal consueto World Wealth Report di Capgemini, stando al quale la popolazione globale degli Hnwi è scesa del 3,3%, a 21,7 milioni, mentre i loro forzieri si sono alleggeriti del 3,6%, calando a 83.000 miliardi di dollari. Una svolta, causata dall’incertezza geopolitica e macroeconomica, che impone all’industria del wealth management tre sfide decisive: sostenibilità, innovazione e conquista degli affluent.
Secondo il report, che copre 71 mercati (Italia inclusa) che rappresentano più del 98% del reddito nazionale lordo globale e il 99% della capitalizzazione dei mercati azionari mondiali, a registrare la contrazione della ricchezza più marcata, pari al 7,4%, è stato il Nord America. Seguono Europa (-3,2%) e l’area Asia-Pacifico (-2,7%). Al contrario, Africa, America Latina e Medio Oriente hanno mostrato un certo grado di resilienza, registrando nel 2022 una crescita della ricchezza, spinta dalle solide performance del settore oil&gas.
Per i super ricchi gli investimenti Esg restano una priorità, ma pesa la mancanza di dati. Nonostante solo il 23% degli Hnwi abbia dichiarato che i maggiori rendimenti ottenuti sono stati generati da asset legati a fattori ambientali, sociali e di governance, i Paperoni continuano a manifestare interesse per questo tipo di prodotti, con il 41% che considera priorità assoluta gli investimenti sostenibili. Eppure, se da un lato 63% degli Hnwi dichiara di aver richiesto il punteggio Esg dei propri asset, dall’altro non sono molte le società di wealth management che considerano l’analisi dei dati ambientali, sociali e di governance (52%) e la tracciabilità (31%) una priorità assoluta. Ben quattro relationship manager su dieci ha affermato di aver bisogno di un maggior numero di dati per comprendere l’impatto Esg e per quasi uno su due più informazioni in tale ambito sono ormai indispensabili per supportare i clienti in modo efficace.
Altra sfida per le società di wealth management, stando al report, è quella del disallineamento del ruolo del relationship manager. Dalla ricerca emerge infatti che l’attuale mancanza di strumenti digitali impedisce da un lato ai relationship manager di offrire servizi di consulenza finanziaria tempestivi e a valore aggiunto e dall’altro incide sui loro profitti. In media, solo un dirigente su tre ritiene che la propria azienda presenti un’elevata maturità digitale end-to-end. Inoltre, il 45% ha affermato che il costo per relationship manager è in aumento, soprattutto a causa di inefficienze nella catena del valore della ricchezza.
Non solo. Proprio il ritardo nella preparazione digitale e l’inadeguatezza delle piattaforme omnichannel costringono i relationship manager a occuparsi a lungo di attività non fondamentali, dedicando poi solo un terzo del loro tempo alle attività di pre-sales e all’interazione con i clienti. Questa situazione si riflette sull’esperienza di tutte le parti coinvolte: per il 56% degli Hnwi i servizi a valore aggiunto sono importanti nella scelta di una società di gestione patrimoniale, ma solo uno su due si è dichiarato soddisfatto delle competenze del proprio wealth manager in termini di erogazione di tali servizi. E quasi il 31% sarebbe propenso a cambiare gestore entro i prossimi 12 mesi. Il report sottolinea poi che per favorire la crescita dei ricavi e la soddisfazione dei clienti, le società di gestione patrimoniale devono offrire ai relationship manager un’unica interfaccia integrata e creare una client experience di primo livello. Ad esempio, la creazione di una digital workstation migliorerebbe la produttività e il customer engagement, offrendo ai relationship manager la possibilità di coinvolgere le persone giuste al momento giusto per soddisfare le richieste del cliente.
“Le società di gestione patrimoniale si trovano a un punto di svolta critico poiché il macroambiente sta imponendo un cambiamento nella mentalità e nei modelli di business per guidare una crescita sostenibile dei ricavi”, avverte Dario Patrizi, financial services director di Capgemini in Italia. Per l’esperto l’agilità e l’adattabilità saranno caratteristiche fondamentali per le persone che dispongono di un patrimonio netto elevato, in quanto la loro attenzione è orientata alla conservazione della ricchezza. “Per rimanere rilevante, il settore dovrà rafforzare il valore, responsabilizzare i responsabili delle relazioni e sbloccare nuove opportunità di crescita. Il loro successo sarà legato alla risoluzione dei problemi relativi all’immaturità digitale nella catena del valore della ricchezza”, sottolinea.
Altro passo necessario per contribuire alla crescita a lungo termine del settore è ampliare il bacino dei potenziali clienti al segmento affluent. Questo rappresenta infatti una nuova frontiera vista la continua crescita in termini di dimensioni e peso finanziario. A livello regionale, il Nord America (46%) e l’Asia-Pacifico (32%) detengono la quota maggiore di affluent per ricchezza totale e dimensioni della popolazione. Nonostante il loro patrimonio sia di circa 27.000 miliardi di dollari (quasi il 32% di quello totale degli Hnwi), il 34% delle società non sta però ancora esplorando questo segmento. Intanto, la maggior parte degli affluent (71%) si dichiara interessata a richiedere servizi di wealth advisory alla propria banca nei prossimi 12 mesi.
Per mantenere bassi i costi operativi e offrire al contempo le competenze richieste da questo tipo di clientela, secondo Capgemini la strada da percorrere è quella della personalizzazione abilitata dalla tecnologia. In base alle dimensioni e alla portata delle operazioni, le società di wealth management hanno a diposizione tre opzioni per costruire una base clienti affluent. La prima è quella di sfruttare la struttura di wealth management esistente, accelerando la trasformazione digitale end-to-end. In alternativa possono sviluppare una proposta di wealth-as-a-service (WaaS) utilizzando canali di terze parti, tra cui banche retail e consulenti indipendenti. Infine, terza strada è quella di creare una piattaforma dedicata ai servizi di wealth management con strumenti self-service per migliorare la gestione dei clienti.
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