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Uno su due prevede uno scenario di stagflazione all’orizzonte. E per i portafogli diventano cruciali azioni ad alto dividendo, fondi tematici e asset reali. Tornano favoriti i gestori attivi
Asset reali nei mercati privati per la protezione dall’inflazione e azioni globali per il rendimento complessivo. È la ricetta dei piani pensionistici che si stanno riorientando in vista di uno scenario che, a detta della maggior parte di loro, sarà caratterizzato da inflazione elevata e crescita al lumicino: stagflazione, in una parola, in stile anni Settanta, che ci accompagnerà almeno per i prossimi tre anni.
È quanto emerge da un’indagine condotta da Create-Research e Amundi su 152 piani pensionistici di 17 giurisdizioni, per un patrimonio totale di 1.980 miliardi di euro, stando alla quale la cura da cavallo delle banche centrali non riuscirà a raffreddare i prezzi ed è quindi necessario costruire portafogli resilienti all’inflazione.
Stagflazione uguale bassi rendimenti
Ben un piano pensionistico su due vede dunque uno scenario di stagflazione come il più probabile, mentre di “stagnazione secolare” parla il 38% degli intervistati, che teme un ritorno al contesto pre-pandemico: bassa crescita, bassa inflazione, bassi investimenti in beni materiali, disuguaglianze che dilagano e salari stagnanti. Solo il 12% crede ancora nella possibilità dei ‘ruggenti anni Venti’, scenario in cui le pressioni sui prezzi dovute alle strozzature dell’offerta si attenuano notevolmente mentre la crescita è significativa, trainata dagli aumenti di produttività legati all’innovazione che mantengono bassa anche l’inflazione.
“Dopo una prolungata era di denaro a buon mercato e rendimenti a due cifre, la brusca impennata dell’inflazione ai suoi massimi da 40 anni nel 2022 nei Paesi occidentali ha segnato una svolta”, sottolinea il professor Amin Rajan di Create-Research, che ha guidato il progetto, secondo cui ora la domanda chiave per i fondi pensione è quindi come ridisegnare i portafogli in un mondo caratterizzato da un’inflazione strutturalmente più elevata, da una politica monetaria meno accomodante e da una maggiore incertezza geopolitica.
L’aumento delle correlazioni cambia le regole
Dal report emerge anche come la diversificazione abbia fallito ancora una volta proprio quando era più necessaria. I grandi sell-off di azioni e obbligazioni si sono mossi di pari passo nel 2022. La correlazione tra obbligazionario e azionario è diventata positiva nella fase di crescita dell’inflazione. Dovrebbe tornare in territorio negativo con la normalizzazione dell’inflazione ma persisterà un certo livello di instabilità, guidando cambiamenti nell’asset allocation.
Il primo cambiamento vede favoriti gli asset che proteggono dall’inflazione, soprattutto nei mercati privati, con circa piano previdenziale su due che aumenterà le allocazioni nel real estate e nelle infrastrutture. Il secondo intensificherà la ricerca di rendimenti migliori quando i grandi movimenti di mercato creeranno occasioni per gli asset in difficoltà, come ha affermato un partecipante al sondaggio: “I mercati obbligazionari probabilmente offriranno buone opportunità di acquisto con i cosiddetti angeli caduti”. Secondo il 58% dei partecipanti, la flessibilità del portafoglio e l’attenzione alle riserve di liquidità da preservare per futuri investimenti guideranno gli investimenti dinamici, ridisegnando il tradizionale approccio 60/40.
Il terzo cambiamento prevede una maggiore diversificazione a livello regionale, poiché i mercati chiave si desincronizzano a causa delle differenze nelle prospettive di inflazione. Il 43% dei piani pensionistici prevede di aumentare la propria esposizione ai mercati sviluppati, mentre il 40% preferisce gli Emergenti. L’ascesa della Cina come superpotenza economica diventa un tema chiave da considerare come allocazione di portafoglio indipendente. L’ultimo cambiamento riguarda il rilancio degli investimenti value: in presenza di elevate correlazioni tra azioni e obbligazioni, il 42% ritiene che la diversificazione basata su fattori di rischio tornerà ad affermarsi.
“L’inasprimento della politica monetaria e il rischio di recessione economica hanno reso i mercati finanziari molto volatili, compresi i tradizionali beni rifugio. Il tradizionale portafoglio 60/40 deve incorporare nuove caratteristiche – evidenzia Monica Defend, head of Amundi Institute – come un’inflazione strutturale più elevata, banche centrali meno accomodanti, la frammentazione economica, e temi emergenti di lungo periodo come la trasformazione industriale, il rimodellamento della catena del valore e l’autonomia strategica. A tale riguardo, le azioni ad alto dividendo, gli investimenti tematici e gli asset reali diventano cruciali.”
Azioni globali motore dei portafogli
Solo l’11% dei partecipanti al sondaggio ritiene che l’impatto dell’inflazione sul proprio portafoglio d’investimento sarà positivo, mentre il 59% afferma che sarà negativo. Per quanto riguarda i rendimenti degli asset nei prossimi tre anni, per il 59% saranno di gran lunga inferiori a quelli dell’ultimo decennio. Pertanto, l’asset allocation si articola adesso su tre pilastri, ciascuno con un obiettivo distinto: un rendimento totale accettabile, la protezione dall’inflazione e la conservazione del capitale.
Il 70% ritiene le azioni globali il principale motore di crescita dei portafogli e l’asset class più adatta a generare rendimenti totali accettabili (a patto che l’inflazione non si mantenga al di sopra del 5%). Per la protezione dall’inflazione, i piani pensionistici si stanno poi riorientando verso asset reali nei mercati privati, in particolare il settore immobiliare (49%) e le infrastrutture (49%). Tuttavia, questa scelta non è priva di sfide, data la capacità limitata di questi asset e la loro intrinseca illiquidità, che riduce la flessibilità del portafoglio. Quasi la metà degli intervistati (44%) preferisce i titoli di Stato statunitensi come copertura contro gli asset rischiosi, seguiti dai titoli di Stato europei (40%) e dai titoli di Stato cinesi (36%).
Favoriti i fondi tematici
Mentre si profila una recessione globale e le banche centrali ritirano liquidità, si è anche intensificata la ricerca di fonti prevedibili di creazione di valore. I riflettori sono puntati sui settori rimodellati dai megatrend che cambiano le vite e portano innovazioni dirompenti, trasformano i modelli di business, ridisegnano le politiche pubbliche e aziendali. Il 46% dei piani pensionistici si aspetta un premio tematico nel mondo post-pandemico in larga misura, e un ulteriore 35% in certa misura. Di conseguenza, il 60% prevede di aumentare le proprie allocazioni in fondi tematici.
Per quanto riguarda i temi specifici, l’ambiente, il sociale e la governance sono in cima alla lista e sono preferiti dal 76% degli intervistati. Seguono l’assistenza sanitaria/tecnologia sanitaria (50%), la genomica e le biotecnologie (32%) e l’invecchiamento della popolazione (38%). In questo caso, l’attenzione si concentra sull’accelerazione delle scoperte mediche e sulla loro rapida commercializzazione, come accaduto con il vaccino Covid-19.
I fondi passivi e attivi diventeranno complementari
Dopo oltre un decennio di forti venti favorevoli, i fondi passivi sembrano aver mantenuto una forte attrattiva per i piani pensionistici nell’attuale turbolenza dei mercati. Tra i fattori chiave figurano il minor costo (86%), il loro ruolo di efficace strumento di liquidità e di copertura (56%) e di diversificazione a livello internazionale in caso di desincronizzazione dei principali mercati dei capitali (49%).
In ogni caso, negli investimenti non esistono fondi per tutte le stagioni e i passivi non fanno eccezione. Negli ultimi 13 anni hanno prosperato nel contesto eccezionale dei tassi d’interesse a zero. Ora i tassi sono in aumento e il ruolo delle banche centrali nel sostenere i mercati sta diminuendo. Nell’indagine emergono alcuni limiti degli investimenti passivi, poiché i partecipanti ritengono che la gestione passiva si basi troppo sui vincitori di ieri e che tenda a gonfiare eccessivamente le valutazioni.
Quindi il contesto sta diventando positivo per i gestori attivi. Inoltre, con la riduzione del sostegno da parte delle banche centrali, è probabile che i prezzi di mercato si ricolleghino ai loro fondamentali e favoriscano una gestione attiva. I prezzi dei componenti degli indici non si muovono più in blocco, creando così opportunità per i gestori attivi di sovraperformare attraverso lo stock picking. Tuttavia, il 52% ritiene che fondi attivi e passivi siano complementari in un portafoglio diversificato. In prospettiva, il 29% prevede di aumentare la propria quota di fondi passivi, il 16% di ridurla e il restante 55% di mantenerla stabile.
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