USA, mercato del lavoro solido: addio a un altro maxi taglio Fed
Il Job report di settembre supera le attese e allontana lo spettro recessione. Ora gli analisti si aspettano due tagli da 25 punti base entro fine anno. “Occhio alla duration”
3 min
La Germania non sarà il malato d’Europa, come ha tenuto a rimarcare la Bundesbank qualche settimana fa, ma la salute della sua economia non accenna a migliorare. E preoccupa sempre di più. Nel terzo trimestre il Pil è ulteriormente peggiorato, anche se lievemente, registrando un calo dello 0,1%. Anche l’Ifo, l’indice che misura la fiducia delle imprese teutoniche, non ha dato segnali rassicuranti: pur essendo lievemente risalito, si è fermato sotto le attese degli analisti per il mese di novembre. Uno scenario che porta molti economisti a ritenere improbabile una rapida ripresa della crescita. E si teme un 2024 grigio per la locomotiva del Vecchio Continente.
📰 Leggi anche “Germania male ma non malissimo“
L’ufficio statistico tedesco Destatis ha quindi confermato in seconda lettura la discesa del Pil nel periodo luglio-settembre, dopo il timido aumento messo a segno nel trimestre precedente (+0,1%). Su base annua, la contrazione è stata invece dello 0,4%. “Dopo la debole reazione dello sviluppo economico osservata nella prima metà del 2023, l’economia ha iniziato la seconda parte dell’anno con un leggero calo”, ha sottolineato il presidente di Destatis, Ruth Brand. “La performance economica è rimasta ferma nei primi due trimestri dell’anno”, ha aggiunto.
Quanto al sentiment delle imprese, a novembre l’indice Ifo è risultato in crescita per il terzo mese consecutivo, ma leggermente sotto le previsioni. L’indicatore è infatti salito a quota 87,3. In aumento rispetto al dato di ottobre (86,9), anche se gli analisti avevano previsto 87,5 punti.
Per Carsten Brzeski, global head of macro di Ing, il Pil del terzo trimestre conferma che l’economia tedesca è bloccata. Dall’inizio della guerra in Ucraina, infatti, è cresciuta solo in due trimestri degli ultimi sei. “Ancora peggio è il fatto che, a distanza di più di tre anni, rimane appena al di sopra del livello pre-pandemia”, afferma. Per l’esperto, Berlino “è diventata uno dei ritardatari della crescita dell’Eurozona”, osserva. E aggiunge che la performance poco convincente ha una lunga lista di spiegazioni: gli ostacoli ciclici derivanti dall’inflazione, gli elevati prezzi dell’energia e l’incertezza riguardo l’approvvigionamento, i tassi d’interesse più alti e il ruolo mutevole della Cina, da fiorente destinazione di esportazione a rivale che ha ridotto le importazioni tedesce. Ma pesano anche sfide strutturali, che vanno dalla demografia alla transizione energetica fino agli scarsi investimenti.
Inoltre, secondo Brzeski la recente sentenza della Corte Costituzionale tedesca, che ha costretto Berlino a congelare 60 miliardi di euro destinati ad investimenti verdi, ha messo in luce due nuovi fattori di rischio: l’austerità fiscale e l’incertezza politica. “A causa dei ben noti fattori ciclici e strutturali, della continua trasmissione dell’inasprimento della politica monetaria, della mancata inversione del ciclo di scorte e delle nuove incertezze geopolitiche, è difficile stimare la fine della stagnazione economica della Germania”, conclude l’esperto.
Vuoi ricevere ogni mattina le notizie di FocusRisparmio? Iscriviti alla newsletter!
Registrati sul sito, entra nell’area riservata e richiedila selezionando la voce “Voglio ricevere la newsletter” nella sezione “I MIEI SERVIZI”.