Generare alpha è diventato sempre più complesso, per questo il valore aggiunto è da ricercare nei fondi per i quali non esiste un’alternativa passiva: absolute return e liquid alternative
Roberto Bianchi, head of funds selector di Banor
Il beta domina il mercato e per i fondi tradizionali non è semplice offrire un extra-rendimento. Il discorso di Roberto Bianchi, portfolio manager di portafogli multi-asset globali e head of funds selector di Banor, è a dir poco tranchant. “Nelle nostre gestioni globali abbiamo fatto marcia indietro da oltre un anno e mezzo, riducendo il numero di fondi attivi a favore degli ETF”, dice senza mezzi termini. “Il valore aggiunto dei fondi tradizionali negli ultimi due anni è stato scarso anche perché generare alpha su uno specifico mercato ormai è diventata un’impresa davvero difficile”, continua. Per questo, col suo team di quattro professionisti, Bianchi al momento predilige la gestione passiva. “Certo viviamo un contesto di mercato complesso, dove tutto è guidato e spinto prima dalle banche centrali, ora dalle politiche fiscali”, spiega il responsabile della fund selection. “Non è tanto un problema per chi fa selezione, quanto per chi si occupa di gestione attiva, che deve fare i conti anche col tema delle commissioni che pesano sulle performance. Il motivo è che gli ETF hanno in qualche modo dominato la scena: se si guardano i flussi abbiamo masse che continuano a crescere senza sosta”. Molte fund house, quindi, si stanno orientando verso strategie più complesse. Ed è proprio di queste strategie che Roberto Bianchi è in cerca. “Le asset class tradizionali hanno perso competitività. Preferiamo introdurre strategie alternative, absolute return, che non possono essere replicate normalmente. Ci sono alcuni gestori interessanti con cui sto dialogando che rientrano nel mondo dei liquid alternative”, afferma.
Guardando in generale al mercato (che negli ultimi quindici giorni ha visto un’impennata della volatilità), per l’analista l’unica cosa sensata è aspettare. Ed essere cauti. Tra dazi, inflazione sotto esame e perfino il rischio di una recessione tecnica, nei prossimi mesi lo scenario non sembra positivo per l’azionario, ma nemmeno per l’obbligazionario. “Il mercato è ancora molto volatile. Abbiamo ridotto l’esposizione agli Stati Uniti e aspettiamo un buon entry point. Per ora, se vendiamo qualcosa preferiamo tenerci la liquidità”, aggiunge.
Ma ci sono delle certezze
Ciononostante ci sono comunque dei settori che sono e resteranno interessanti, al di là dei proclami della nuova amministrazione americana. In primis i titoli tecnologici. “Al netto di quello che è successo nelle ultime settimane a Wall Street, a tenere banco saranno ancora i temi tecnologici, anche perché la grande rivoluzione legata all’intelligenza artificiale non si è ancora espressa completamente. Inoltre parliamo di una quantità di tecnologie che diventeranno pervasive in diversi modi e in vari settori. La cyber security, ad esempio, è uno dei segmenti che correrà tantissimo”, afferma.
Bianchi guarda con occhio attento anche il settore energy, infrastrutturale e industriale. E ovviamente quello bancario. Di recente, poi, si fa un gran parlare di difesa. “È un settore che ha avuto un exploit folle, subito dopo le dichiarazioni del futuro cancelliere tedesco Merz e il dibattito in corso sul riarmo europeo. In realtà credo sia rischioso puntare adesso su questo segmento, senza contare che alla fine creare una difesa europea con le sole aziende europee mi sembra abbastanza difficile”, sorride.
Riarmo e sostenibilità
Non è chiaro, poi, come questa virata del mercato sul riarmo possa conciliarsi con la visione sostenibile di cui l’Europa si è fatta caposcuola. “Abbiamo sempre guardato alle aziende e ai prodotti con criteri ESG. E continueremo a farlo. Penso che sui rating ESG non si possa tornare indietro: nessuna azienda potrà fare a meno di quel tipo di politica che crea valore sostenibile nel lungo termine. Anzi, arriverà un momento in cui non ci sarà nemmeno bisogno di far distinzione”, dice. “Il discorso cambia se parliamo di difesa. In quel caso subentra semmai un problema etico. Un’azienda che produce sistemi di difesa, ad esempio, se rispetta i criteri ESG, può essere comunque considerata un’azienda sostenibile”, spiega.
Sul fronte obbligazionario Bianchi non ha dubbi: da circa due anni i titoli governativi hanno avuto buoni rendimenti, migliori rispetto ai corporate. Hanno resistito i fondi con strategie e asset class particolari, come gli high yield, i subordinati bancari o alcuni prodotti emergenti. “Oggi, tenendo conto dei rischi di mercato, un titolo governativo decennale potrebbe fornire una protezione migliore all’interno di un portafoglio, rispetto a un titolo corporate”, afferma. Dal punto di vista degli investimenti nei mercati emergenti, negli ultimi due anni c’è stato un cambio di regime. “Abbiamo venduto tutta l’India e siamo rientrati in Cina”, sintetizza il fund selector. Anche qui, però, la sfida per i fondi, attivi è sempre ardua.
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