Per gli analisti, nel 2025 l’allentamento potrebbe procedere a un ritmo trimestrale. E il tasso terminale attestarsi tra il 3,5% e il 4%. Politiche trumpiane permettendo. Powell? Non se ne andrà
Come da attese il taglio dei tassi c’è stato, ma per il futuro la Federal Reserve non ha preso impegni. Il presidente, Jerome Powell, si è infatti mostrato particolarmente cauto e il linguaggio dello statement è cambiato, diventando un po’ meno accomodante e aprendo quindi alla possibilità di una pausa natalizia. Al momento il mercato è ancora convinto che il costo del denaro verrà ridotto di un quarto di punto anche nell’ultima riunione dell’anno, con il FedWatch Tool del CME Group che lo ritiene probabile al 70%, e la maggior parte dei gestori concorda. Tuttavia, visto il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, aumentano le preoccupazioni per il 2025 e gli analisti stanno iniziando a rivedere le loro aspettative. Molti asset manager sono infatti certi che il Fomc navigherà a vista finché non sarà chiaro che strada imboccheranno le politiche del governo americano.
Blerina Uruci, chief US economist di T. Rowe Price
Blerina Uruci, chief US economist di T. Rowe Price, è tra quelli convinti che Powell ridurrà il costo del denaro di 25 pb anche a dicembre. “Mi aspetto anche altri due interventi della stessa entità l’anno prossimo prima che la Fed faccia una pausa, portando a un tasso terminale del 4% per il limite superiore”, spiega. Una view, la sua, solo leggermente più aggressiva rispetto a quella del mercato, che al momento sta valutando tagli di 3,5 entro la fine del prossimo anno. “Sebbene la politica monetaria sembri abbastanza prezzata, penso che la parte lunga della curva possa ancora salire a causa dell’aumento dell’inflazione e dei premi per il rischio fiscale. Ciò è particolarmente importante in un mondo in cui l’istinto centrale ha le mani legate per rispondere con moderazione e con un ritardo rispetto ai rischi legati a un deficit fiscale persistentemente più elevato”, sottolinea.
Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm
Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm, fa notare come la decisione di mercoledì sia sta presa all’unanimità: Michelle Bowman, governatrice della Fed nominata dal neo presidente che si era opposta al maxi-taglio di settembre, questa volta si è infatti espressa a favore di una riduzione. “Con l’elezione di Trump che indica una nuova direzione economica, compresi i dazi, che potrebbe alimentare l’inflazione, la banca centrale americana probabilmente procederà con cautela fino a quando non ci sarà maggiore chiarezza sulla politica da seguire”, sostiene.
Per Álvaro Sanmartín, chief economist di Amchor Is, dalle parole di Powell si può dedurre che la Fed è soddisfatta della situazione economica, sia in termini di attività sia di andamento dell’inflazione. E con altissima probabilità i tassi saranno abbassati di altri 25 punti base prima di Natale. Tuttavia, per l’esperto “è possibile che in seguito i tagli non vengano più effettuati in riunioni consecutive, ma passino a un ritmo trimestrale”. Questo perché il piano generale continua ad essere quello di portare la politica monetaria verso la neutralità, lasciando che il ritmo di raggiungimento di tale tasso dipenda dall’evoluzione dei dati sull’attività e sui prezzi, quindi su base tendenziale e non mese per mese. Per quanto riguarda l’impatto delle elezioni, Sanmartín è convinto che l’esito non influenzerà il percorso di allentamento nelle prossime riunioni. “La Fed reagirà solo, se necessario, a politiche specifiche, una volta approvate”, assicura, precisando che per questo ciclo potrebbe avere senso un tasso terminale tra il 3,5% e il 4%.
James McCann, deputy chief economist di abrdn
Sulla stessa lunghezza d’onda è James McCann, vicecapo economista di abrdn, secondo cui in futuro la banca centrale si troverà ad affrontare decisioni più difficili, visto che Trump ha in programma grandi cambiamenti in materia di commercio, immigrazione, regolamentazione e politica fiscale, che potrebbero avere chiare implicazioni per le prospettive di crescita e inflazione. “In un tale contesto di forte incertezza politica, la Fed cercherà probabilmente di mantenere aperte le sue opzioni, evidenziando che le manovre politiche dipenderanno in larga misura dai dati e che la banca centrale non segue una rotta prestabilita”, sostiene, indicando come sia proprio questo il messaggio emerso chiaramente nel comunicato del Fomc.
Mark Haefele, responsabile globale degli Investimenti di UBS Global Wealth Management
Quanto alla guerra ‘personale’ tra Powell e Trump, per Mark Haefele, chief investment officer di Ubs Global Wealth Management, il numero uno della Fed verrà sostituito al termine del suo mandato nel maggio 2026, non prima. “Una politica attivamente restrittiva non sembra necessaria, nonostante la crescita resiliente”, afferma. Prevedendo che l’inflazione resterà sufficientemente bassa da convincere l’istituto centrale a rimanere su un percorso di allentamento, “dato che l’attuale tasso sui fed funds rimane ben al di sopra della sua stima di neutralità”.
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