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Per l’Eurozona il 2024 si chiude con un rimbalzo dell’inflazione. A dicembre, secondo la stima preliminare di Eurostat, l’indice dei prezzi dell’Area dovrebbe infatti attestarsi al 2,4%, in aumento rispetto al 2,2% di novembre. Una risalita attesa, trainata dai rincari dell’energia, che però secondo gli analisti difficilmente fermerà gli ulteriori tagli dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea.
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Anche il dato congiunturale segna un’accelerazione a dicembre, passando allo 0,4% dal -0,3% del mese prima. L’inflazione core, che esclude energia, cibo e tabacchi, viene invece stimata al 2,7%, come nei trenta giorni precedenti e in linea con il consensus. A preoccupare è ancora soprattutto il dato relativo ai servizi, che si conferma persistentemente elevato (4%, dal 3,9% di novembre) e che resta la componente principale dell’indice. Seguono poi i prodotti alimentari, alcolici e tabacco (2,7%), i beni industriali non energetici (0,5%) e l’energia (0,1%).
La BCE ha tagliato i tassi di interesse quattro volte lo scorso anno, sottolineando che l’obiettivo del 2% è sempre più a portata di mano. Per i mercati è dunque scontato un ulteriore allentamento della politica monetaria, anche se velocità e tempi restano incerti. L’ipotesi che il 30 gennaio Christine Lagarde possa annunciare una sforbiciata di mezzo punto percentuale appare sempre meno probabile, mentre la maggior parte degli analisti scommette su un’altra riduzione da 25 punti base. Proprio il dato core e quello sui servizi, infatti, sembrano rafforzare all’interno del board dell’Eurotower il fronte della cautela. “Anche se alcuni investitori auspicano un taglio dei tassi più deciso per sostenere l’economia, il recente rialzo dell’inflazione suggerisce un approccio più cauto, con un taglio di 25 punti base come risultato più probabile”, osserva Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm.
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Alla prudenza spinge anche il sondaggio mensile condotto da Francoforte tra i consumatori, che ha mostrato un aumento delle aspettative sui prezzi sia a breve che a medio termine. A novembre, il tasso d’inflazione percepito nei dodici mesi trascorsi è infatti risalito al 3,4%, dal 3,2% di ottobre. E quello atteso sui prossimi dodici è cresciuto per il secondo mese consecutivo, passando al 2,6% dal 2,5%. In peggioramento anche le stime a tre anni, tornate al livello dello scorso luglio del 2,4%, dal precedente 2,1%.
Stesso discorso per alcune rilevazioni nazionali. A dicembre, l’indicatore del carovita tedesco ha infatti mostrato un incremento armonizzato annuo al 2,9%, oltre il 2,6% stimato dagli analisti. Lo stesso è successo in Spagna, dove l’inflazione è risalita al 2,8%. In Francia, invece, l’indice è passato all’1,8% dall’1,7% di novembre, meglio delle attese che prevedevano un aumento più rilevante all’1,9%. Infine, l’Italia ha messo a segno una decelerazione oltre le stime, archiviando l’ultimo mese del 2024 all’1,4%, in calo rispetto all’1,5% di novembre.
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