Il private equity non teme i dazi di Trump: ecco perché
Per i gestori, i portafogli sono meno esposti ai settori economici più colpiti dalla guerra tariffaria. E la Trumpeconomics potrebbe offrire nuove opportunità
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L’unione dei mercati dei capitali va fatta subito, se necessario integrando solo i Paesi a favore. Con la risolutezza che gli appartiene, l’ex presidente della Banca centrale europea Mario Draghi non ha usato mezzi termini nell’illustrare il “cambiamento radicale” che l’Europa deve attuare per tornare competitiva nei confronti di Stati Uniti e Cina. E, a qualche settimana dalla presentazione del suo rapporto sul tema, ha spiegato che tra le priorità c’è quella di rafforzare la cooperazione nei settori in cui manca. Primo fra tutti quello in grado di veicolare i risparmi privati verso la crescita. Solo così l’UE potrà sopravvivere in un mondo radicalmente cambiato.
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Nel suo discorso a La Hulpe, dove si svolge la conferenza di alto livello sul pilastro europeo dei diritti sociali, Draghi ha anticipato i tempi contenuti nel suo rapporto sulla competitività che presenterà dopo le elezioni comunitarie di inizio giugno. E si è mostrato d’accordo con la proposta avanzata due mesi fa da Parigi (subito bocciata da Berlino) di un’unione dei mercati dei capitali su base volontaria. Perché non c’è altro tempo da perdere: secondo l’ex premier italiano si tratta infatti infatti di “una parte indispensabile della strategia complessiva per la competitività” dell’Europa.
Non si può continuare a discutere all’infinito. “Non abbiamo il lusso di poter rinviare le decisioni: per assicurare coerenza tra i diversi strumenti per rilanciare la competitività della UE occorre un nuovo strumento strategico in grado di coordinare le politiche economiche”, ha messo in guardia. Aggiungendo che bisogna “considerare di procedere con un gruppo di Paesi nel quadro della cooperazione rafforzata”. Fermo restando che un’azione a Ventisette è la via migliore per procedere, dal momento che “come regola” l’Europa è chiamata ad “agire insieme”. “L’UE ha un tasso molto alto di risparmi privati che sono per la maggior parte incanalati nei depositi bancari e non finanziano la crescita come dovrebbero in un mercato di capitali più grande”, ha sottolineato. E questo a fronte di molteplici e urgenti esigenze di finanziamento, a partire da quella della difesa e sicurezza per arrivare a quella della decarbonizzazione.
Il mercato unico dei capitali è quindi per Draghi un tassello fondamentale di una strategia più ampia che porterà l’Europa a riacquistare competitività. “Le nostre regole per gli investimenti sono costruite su un mondo che non c’è più, il mondo pre-Covid, pre-guerra in Ucraina, pre-crisi in Medio Oriente. E ci troviamo in un mondo in cui è tornata la rivalità tra le grandi potenze”, ha scandito. “Quello che proporrò nel mio report è un cambiamento radicale: questo è ciò di cui abbiamo bisogno”, ha quindi preannunciato l’ex presidente della Bce. Dobbiamo infatti “raggiungere una trasformazione dell’economia europea, dobbiamo essere in grado di fare affidamento su un sistema energetico decarbonizzato e indipendente, una difesa integrata europea, una produzione domestica nei settori più innovativi e una posizione leader nel deep-tech e nell’innovazione digitale”.
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Il punto chiave è che finora l’Europa si è focalizzata sulle cose sbagliate. “Ci siamo rivolti verso l’interno, vedendo in noi stessi i nostri concorrenti, anche in settori, come la difesa e l’energia, nei quali abbiamo profondi interessi comuni. Allo stesso tempo, non abbiamo guardato al di fuori”, è l’analisi di Draghi. Secondo cui i nostri rivali ci stanno precedendo perché possono “agire come un unico Paese, con un’unica strategia, e allinearvi tutti gli strumenti e le politiche necessarie”. Se vogliamo tenere il passo, si avrà quindi bisogno “di un rinnovato partenariato tra gli Stati membri, una ridefinizione della nostra Unione che non sia meno ambiziosa di quella che fecero i padri fondatori”.
Il mondo sta cambiando rapidamente, “ci ha colto di sorpresa” e altri “non rispettano più le regole ed elaborano politiche per rafforzare la loro posizione”, ha evidenziato l’ex Bce. Le politiche di potenze come Pechino e Washington “sono progettate per reindirizzare gli investimenti verso le loro economie a scapito delle nostre o, nel caso peggiore, per renderci permanentemente dipendenti da loro”. Tutto questo mentre a Bruxelles manca completamente “una strategia su come proteggere le nostre industrie tradizionali dal terreno di gioco globale ineguale”.
Quanto alla questione climatica, l’ex premier ha evidenziato gli obiettivi ambiziosi della Ue in fatto di veicoli elettrici. “Ma in un mondo in cui i nostri rivali controllano molte delle risorse di cui abbiamo bisogno, tale agenda deve essere combinata con un piano per proteggere la nostra catena di approvvigionamento, dai minerali critici alle batterie fino alle infrastrutture di ricarica”, ha avvertito.
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Altro punto caldo riguarda le telecomunicazioni. Per produrre maggiori investimenti nel settore è necessario “razionalizzare e armonizzare ulteriormente le normative” tra i Paesi membri “e sostenere, non ostacolare, il consolidamento”. Draghi ha citato le TLC come un esempio, al pari della difesa, in cui l’Europa non sta sfruttando l’economia di scala. “Abbiamo un mercato di circa 450 milioni di consumatori nell’UE, ma gli investimenti pro capite sono la metà di quelli degli Stati Uniti e siamo in ritardo nella diffusione del 5G e della fibra”, ha evidenziato. Osservando che “uno dei motivi di questo divario è che in Europa abbiamo 34 gruppi di reti mobili (e questa è una stima prudente, in realtà ne abbiamo molti di più) che spesso operano su scala nazionale, contro tre negli USA e quattro in Cina”.
Infine, oltre alla legge sulle materie prime critiche, il Vecchio Continente ha bisogno di “misure complementari”. Per Draghi, ad esempio, “potremmo prevedere una piattaforma europea dedicata ai minerali critici, principalmente per gli appalti congiunti, la sicurezza dell’approvvigionamento diversificato, la messa in comune, il finanziamento e lo stoccaggio”.
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