Crowdinvesting, i clienti private sono pronti
Gli Hnwi sono a caccia di asset alternativi in grado di offrire rendimenti. Creare campagne di crowdinvesting può essere un modo di soddisfare le loro esigenze, aiutando il Paese
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Da iniziativa pioniera di una nuova economia basata sulla disintermediazione, finalizzata a promuovere iniziative imprenditoriali piccole o embrionali, fino all’evoluzione successiva che lo ha reso un vero e proprio strumento di investimento alternativo: la rivoluzione dell’equity crowdfunding – oggi detto anche crowdinvesting – era partita in sordina qualche anno fa, con l’introduzione di una normativa sul tema e i primi esperimenti in Italia. E anche se si tratta di un mercato ancora piccolo, negli ultimi anni è cresciuto molto, con l’ascesa di un numero maggiore di piattaforme in grado di far incontrare la domanda di finanziamenti con le esigenze degli investitori. “I vantaggi dell’equity crowdfunding sono molteplici e sempre più apprezzati da investitori retail e professionali. Oltre alla possibilità di investire in opportunità prima riservate a operatori specializzati, l’equity crowdfunding offre chiarezza informativa, facile accessibilità e l’applicazione di procedure standardizzate”, osserva Lorenzo Pedotti, founder e Ceo di Concrete Investing. “Per questo motivo – prosegue – negli ultimi anni ha registrato una forte crescita, raccogliendo 100 milioni di euro solo nel 2020; il settore immobiliare ha segnato il trend più significativo”.
Le prospettive sono promettenti. “La normativa di cui si è dotata l’Italia sull’equity crowdfunding – ha affermato di recente Giancarlo Giudici, professore ordinario della School of Management del Politecnico di Milano, nel corso di un convegno di Aipb – apre le porte alla partecipazione degli investitori retail ad una asset class, ovvero l’investimento nel capitale azionario di Pmi e startup, tradizionalmente riservata a investitori istituzionali. Allo stesso tempo però crea le condizioni per un nuovo modello di club deal con ticket di partecipazione più consistenti che, anche grazie al private banking, può sostenere le imprese nella raccolta di masse di capitale più consistenti, colmando un gap che oggi esiste fra la quotazione in Borsa e il crowdfunding in versione puramente retail”.
Oggi sono 47 le piattaforme di equity crowdfunding autorizzate che a partire dal 2013 hanno pubblicato 719 offerte promosse in maggioranza da startup innovative, riportano i dati dell’Osservatorio di Aipb. Di queste offerte, oltre il 74% ha chiuso con successo superando il target mediamente del 235,7% e coinvolgendo in media 95 finanziatori per campagna. E con l’arrivo del nuovo Regolamento UE (2020/1503) che disciplina le campagne sulle piattaforme di crowdfunding, che sarà applicabile dal 10 novembre 2021, ci potrebbe essere ulteriore slancio per queste iniziative.
Secondo Alberto Bassi, Founder & CEO di BacktoWork, l’equità crowdfunding, “nato come strumento di microfinanza dal basso per consentire l’accesso su larga scala a investimenti in start-up”, oggi ha un potenziale come canale di crescita delle aziende che è ancora poco noto. “Un’azienda che è nella fase di crescita e non più in quella di avvio ha necessità di capitale anche maggiori rispetto a una start-up e può raccoglierlo in vari modi: ricorrendo ai finanziatori professionali del venture capital, per esempio, o attraverso l’emissione di debito, o quotandosi in Borsa”, commenta Bassi. Aggiungendo di ritenere che il crowdinvesting potrebbe “essere uno strumento aggiuntivo, non necessariamente in contrapposizione con Aim, ma anzi, una possibilità alternativa o un ponte per arrivare alla quotazione”.
Ma quali sono gli aspetti da considerare se si desidera investire in equity crowdfunding? Quali sono i rischi? Pedotti di Concrete Investing osserva che “tra i principali rischi troviamo la possibilità di perdita del capitale e la mancata distribuzione di dividendi. Il mercato è però regolamentato da Consob e le aziende devono operare nella massima trasparenza e completezza d’informazione”. Alcuni osservatori hanno parlato di maggiori difficoltà di valutazione, per esempio rispetto all’investimento in una Ipo o in un titolo già quotato. Pedotti argomenta che “in Concrete Investing selezioniamo in maniera rigorosa i progetti in base al track-record dei proponenti, identificando un congruo inquadramento del rischio-rendimento e prevedendo clausole volte a mitigare i rischi per l’investitore (es. put option o liquidation preference)”.
I settori sui quali si può investire tramite crowdinvesting sono tanti. “In Italia le piattaforme raccolgono capitale per finanziare start-up o pmi innovative che guardano alla green economy e l’ecosostenibilità: dal settore food al fashion e al pharma, fino ad arrivare al fintech”, spiega Pedotti. Aggiungendo però che l’immobiliare -in cui è attiva Concrete Investing – offre redditività e tempistiche di exit più attendibili rispetto a operazioni di equity crowdfunding tradizionali. I progetti che abbiamo selezionato negli ultimi due anni, infatti, non hanno registrato difformità rispetto a quanto indicato nei relativi business plan e il 30% degli stessi ha raggiunto la exit con tempistiche e ritorni previsti”.
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