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Per la cio di Lgim, le urne avranno un effetto decisivo sull’economia americana. Lo scenario migliore? Biden presidente ma con una camera Repubblicana
Non solo geopolitica. Questa volta le elezioni presidenziali statunitensi hanno un’importanza cruciale. Oltre a influire sugli equilibri mondiali e sul alcuni settori economici direttamente interessati dai programmi, produrranno infatti anche ripercussioni dirette sul PIL del Paese e sull’andamento dei mercati finanziari. Ne è convinta Sonja Laud, chief investment officer di Lgim, secondo la quale l’unico scenario che potrebbe favorire un calo dell’inflazione è la vittoria di Biden ma con una maggioranza trumpiana in una delle camere.
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Il 2025 anno cruciale
Laud pensa che il 5 novembre il responso delle urne andrà monitorato con cautela. “Le divergenze fra i due candidati, il repubblicano Donald Trump e il democratico Joe Biden, su temi chiave come l’immigrazione e le tariffe doganali indicano che il 2025 sarà un anno cruciale per il futuro dell’economia USA”, spiega. La sfida è di fatto apertissima. Nonostante la condanna di Trump, non c’è niente nella Costituzione statunitense che impedisca al tycoon repubblicano di correre ed eventualmente governare.
Quattro scenari per l’inflazione
Gli analisti della casa inglese hanno infatti individuato quattro possibili risultati elettorali e il loro relativo impatto sull’inflazione: da -3, che indica la contrazione più consistente dei prezzi, a +3, l’aumento più ampio. Naturalmente non sono gli unici possibili, solo i più probabili. Il primo è quello di un clean sweep dei democratici, con gli uomini di Biden che controllano entrambe le camere: “In questo caso”, spiega Laud, “prevediamo un aumento della spesa pubblica ma controbilanciato da un incremento delle tasse, con il risultato però di uno stimolo fiscale netto positivo e quindi un impatti di +1 sui prezzi”. Il secondo scenario è l’opposto: un ‘clean sweep’ repubblicano. Qui però si assisterebbe a un taglio delle tasse, un aumento della spesa militare e un brusco calo dell’immigrazione. Con un incremento delle tariffe doganali che andrebbe a finanziare ulteriori riduzioni delle imposte. Conseguenza sull’inflazione: +2.
Terza possibilità, la migliore dal punto di vista dei prezzi, vede Biden vincitore ma con il controllo di una sola camera. “Questa situazione obbligherebbe il presidente a cedere a molte delle richieste repubblicane”, è la view della manager, che spiega come ciò porti a una riduzione della spesa pubblica e anche all’interruzione di alcune agevolazioni fiscali. In questo caso il carovita ne risentirebbe positivamente: -1. L’ultimo scenario vede la vittoria di Trump con una maggioranza repubblicana in una sola camera, ipotesi che vedrebbe andare in porto solo i punti del programma almeno parzialmente condivisi con l’opposizione: in primis l’aumento delle tariffe doganali. Al tempo stesso, tuttavia, è lecito aspettarsi un forte contrasto all’immigrazione, un aumento contenuto della spesa pubblica e lo stop ad alcune agevolazioni fiscali. Effetto sui prezzi: +1.
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I nodi immigrazione e tariffe
Particolarmente importante, secondo Lgim, è poi il nodo immigrazione. Secondo i sondaggi più recenti, questo tema sta diventando l’ago della bilancia, con almeno tre quarti dei votanti degli Stati in bilico che ritengono l’azione di Biden “sbagliata”. La politica del presidente uscente sul controllo alle frontiere è stata infatti percepita come molto blanda e le viene imputato il forte aumento degli immigrati, dopo che con Trump si era verificato il trend opposto.
“Tuttavia, le nostre ricerche interne hanno evidenziato come l’aumento degli stranieri abbia avuto un ruolo fondamentale nella recente crescita economica degli Stati Uniti, tanto che alcuni pensano (anche se è molto difficile da dimostrare) che il Paese sia riuscito a evitare la recessione lo scorso anno proprio grazie a questi”, spiega Laud. Per l’esperta è dunque importante capire cosa sarà dei brillanti risultati osservati finora e a cascata dei mercati finanziari globali, se il flusso di arrivi si dovesse arrestarsi con la vittoria di Trump.
Altro punto cruciale è quello delle tariffe. Secondo la Laud, si tratta infatti di un jolly importante per una seconda presidenza del tycoon e troverebbero sostegno dal percorso deflattivo che gli USA sembrano aver avviato. “Tuttavia, applicare dazi doganali in un momento in cui la Cina sembra aver finalmente imboccato la strada della ripresa potrebbe generare nuovi aumenti dei prezzi e, quindi, un ritorno dell’inflazione”, avverte.
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L’attesa dei mercati
Difficile prevedere quanto l’esito delle urne inizierà a farsi sentire sui mercati, anche se per gli analisti Lgim il recente aumento dei rendimenti dei Treasury a più lunga scadenza potrebbe essere un segnale di come gli investitori stiano iniziando a scontare il rischio legato alle elezioni. “Indipendentemente da chi sarà il prossimo inquilino della Casa Bianca, il recente mix di crescita robusta e deflazione sembra essere frutto degli stimoli fiscali e dell’aumento dell’immigrazione e, purtroppo, la politica sembra stia facendo di tutto affinché questa combinazione di fattori non sopravviva al prossimo novembre e i mercati ne prenderanno nota”, conclude la Laud.
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