Allacciatevi le cinture, perchè l’intelligenza artificiale generativa sta per rivoluzionare il mondo della finanza e il risparmio gestito in particolare. A sostenerlo è Mohamed El-Erian, ex chief executive officer di Pimco ma attualmente presidente del Queens’ College di Cambridge e chief economic adviser di Allianz Global Investors. Una tecnologia che utilizza la tradizionale AI per la creazione di nuovi contenuti, come testi, immagini, musica, audio e video. E non solo
Il risparmio gestito come banco di prova
“Non c’è dubbio che l’intelligenza artificiale generativa rappresenti un’innovazione massicciamente dirompente destinata a potare sia alla distruzione che all’incremento dei posti di lavoro. Il bilanciamento tra le due dinamiche è ora un argomento caldo in cui l’asset management si trova sempre più, seppur involontariamente, a servire da esperimento naturale”, ha commentato El-Erian dalle colonne del Financial Times. “Il modo in cui questa rivoluzione viene implementata nell’industria – ha proseguito – mette in luce non solo il dibattito sull’occupazione ma anche questioni organizzative e regolamentari più ampie, che avranno un impatto anche su finanza e sanità”.
“Uno degli aspetti più sorprendenti della ‘rivoluzione Gen AI’ è che siamo solo all’inizio. I suoi principali motori, dalla potenza di calcolo ai dati fino al talento e ai finanziamenti, stanno crescendo a una scala e a una velocità che accentueranno la sua forza dirompente”, ha proseguito l’economista. Questo spiega perché una tecnologia così promettente e dalle potenzialità ancora in larga parte inesplorate sia diventata l’ossessione dei top management di aziende di tutti i settori, che non vogliono farsi cogliere impreparati dalla rivoluzione in arrivo. Ma sebbene l’IA generativa possa essere un grosso fattore di cambiamento in molti settori, a partire quelli più specificamente focalizzati sulla produzione di contenuti, El-Erian sottolinea che proprio il risparmio gestito possa essere uno dei campi in cui la Gen AI può davvero stravolgere lo status quo e modificare in modo profondo l’industria. “Già ora viene utilizzata dalle aziende più agili per migliorare l’efficienza operativa, comunicare meglio e proteggersi di più dagli attacchi informatici. E questo è solo l’inizio. Sia i team di investimento sia quelli che interagiscono con i clienti possono ora preparare presentazioni con incredibile facilità per mostrare la propria expertise e giustificare nuove idee di trading”, spiega. Per esempio, le comunicazioni su performance e rendimenti – un compito molto delicato e dispendioso in termini di tempo – possono essere effettuate in modo più rapido e accurato. Mentre i team impegnati sulle questioni informatiche hanno con l’IA generativa più strumenti a disposizione per combattere il crescente numero di tentativi di hackeraggio.
Insomma, per El-Erian i casi citati rappresentano senza dubbio esempi in cui la rivoluzione dell’IA generativa migliora e alleggerisce il lavoro, dando ai team la possibilità di concentrarsi su attività a maggior valore aggiunto. Quindi anche s eè prevedibile che dei posti di lavoro andranno persi, in particolare tra le fasce di lavoratori con qualifiche più basse (e in qualche modo “sostituibili”), altri posti di lavoro aumenteranno, per esempio con l’assunzione di un maggior numero di ingegneri. In questo quadro, infatti, diventa essenziale saper “parlare” con i motori di intelligenza artificiale, e indirizzarli nel modo giusto per ottenere i migliori risultati.
Ma fin qua, lascia intuire El-Erian, si discute di una rivoluzione che in qualche modo è già in atto, e di attività sulle quali si è già incominciato a lavorare ma che non hanno ridisegnato del tutto la fotografia del settore. Guardando avanti, invece, “Non è difficile immaginare un mondo in cui i motori Gen AI siano parte integrante di tutte le attività di asset allocation, portfolio model e mitigazione del rischio. Questi motori saranno addestrati sui vasti insiemi di dati presenti nel settore e, attualmente, sottoutilizzati”, sostiene El-Erian.
Non solo. Se si guardano ai progressi (e in particolare all’accelerazione dei progressi) di altre tecnologie, sottolinea El-Erian, “non è difficile immaginare anche gli strumenti Gen AI che aiutano a creare e strutturare nuove asset class, addestrati in questo caso da una combinazione di dati reali e virtuali. Con il tempo, le parti più dinamiche e di successo del’asset management combineranno strumenti abilitati da Gen AI con nuove capacità che saranno ‘Gen AI native’”. Un’evoluzione che porterà alla capacità di personalizzare in modo molto più raffinato gli investimenti su base individuale per soddisfare la tolleranza al rischio e le inclinazioni comportamentali dei clienti.
Ma di fronte alla prospettiva delle enormi opportunità che si dispiegano con lo sviluppo di queste tecnologie, ci sono anche degli aspetti insidiosi da considerare. Innanzitutto, chiosa il chief economic adviser di Allianz, le capacità esistenti sono ancora lontane dalla perfezione e la loro applicazione è soggetta a pregiudizi. Siamo ancora in una fase di “Far West” dal punto di vista regolatorio, e non esistono risposte convincenti sui meccanismi di governance di queste tecnologie. Inoltre, la concorrenza tecnologica tra Cina e Stati Uniti finirà per penalizzare coloro che vivono nel mezzo (Europa in primis).
“Questa è anche una strada che vedrà grandi disruption nel settore. Coloro che sono indietro nella comprensione del potere dirompente dell’IA generativa e delle sue potenziali applicazioni troveranno sempre più difficile recuperare il ritardo”. E il divario crescerà se non si cercherà di colmare il gap nelle prime fasi di questa rivoluzione, perché dopo sarà troppo tardi.
Questo secondo El-Erian porterà a una polarizzazione del settore, dove da un lato ci saranno pochi grandi gruppi e un numero maggiore di piccoli player di nicchia, e dall’altro gli asset manager di medie dimensioni e quelli in ritardo su questa tecnologia patiranno.
Sarà qui, avverte El-Erian, che avverrà la distruzione dei posti di lavoro. E questa dinamica non riguarderà solo il risparmio gestito, ma tutta la finanza, e anche altri settori. “È un fenomeno che le aziende possono ignorare solo a proprio rischio. È anche un aspetto che metterà sotto pressione quei regolatori che, avendo focalizzato troppo l’attenzione sulle banche, sono già indietro nella loro comprensione e supervisione delle realtà non bancarie”, conclude l’economista.