Risparmiatori sempre più interessati al tema, ma l’offerta di informazioni non basta e investire è difficile. Egemonia dei social tra i canali informativi, non senza rischi di referenti e contenuti attendibili. Dalla consulenza alla pianificazione per obiettivi, come colmare il gap secondo l’Osservatorio di Pictet AM
Le tematiche finanziarie non smettono di appassionare gli italiani. Complici le tensioni geopolitiche ma anche l’aumentata complessità del contesto macroeconomico, il numero di risparmiatori che si dimostrano interessati al mondo degli investimenti è infatti passato in tre anni dal 76% all’88%. Lo afferma la quarta edizione dell’Osservatorio Edufin di Pictet Asset Management, studio realizzato con collaborazione con Finer Finance Explorer. Secondo la ricerca, però, non è tutto rosa e fiori perchè resta ancora un importante gap generazionale sia quando si tratta di mobilitare i propri capitali sia al momento di scegliere le fonti cui attingere le informazioni per costruire il proprio portafoglio. Con i social che dominano tra i giovani, causando non poche distorsioni per quanto riguarda la qualità dei contenuti.
Cresce l’interesse per la finanza. Soprattutto tra i giovani
Secondo lo studio, che ha sondato il parere di 5mila concittadini tra investitori e non, l’interesse per l’educazione finanziaria è cresciuto del 12% rispetto ai livelli del 2021. Una dinamica che risulta chiaramente figlia del difficile contesto in cui gli italiani si trovano a dover compiere le proprie scelte di allocazione. La complessità del mercato generata da uno scenario macro più incerto e volatile negli ultimi ha infatti fatto crescere trasversalmente la quota di chi ritiene non avere sufficienti competenze in materia. Non a caso, sono i giovani a dimostrarsi sempre più attenti ai temi economici: non solo più del 40% vuole aumentare il proprio livello di conoscenza ma, per la prima volta, la percentuale di quanti dicono di informarsi quotidianamente o settimanalmente ha raggiunto il 38% e superato quella di coloro che vi si dedicano una tantum (33%).
Un rally da non sottovalutare
Risultati dell’Osservatorio Edufin 2024 di Pictet AM. Fonte: Pictet, Finer Finance Explorer
Ma l’offerta di contenuti non è sufficiente
Nonostante il maggiore interesse per la materia e una più elevata consapevolezza delle proprie lacune, stato che aumenta con il crescere del grado di formazione e quindi risulta più diffuso presso clienti affluent o private, gli italiani continuano però a non trovare gli strumenti adeguati per approfondire e ampliare le loro conoscenze finanziarie. Lo testimoniano le risposte in merito ai maggiori ostacoli riscontrati sul cammino per una piena padronanza delle nozioni di base: se nel 2021 la difficoltà nella comprensione dei concetti era al primo posto (31%), dal 2022 la mancanza di contenuti o referenti affidabili è aumentata del 17% e le ha sottratto la testa del podio grazie a un 35% dei rispondenti a indicarla come problema chiave. In particolare, sottolinea la ricerca, si tratta di una criticità riscontrata in tutti i segmenti di investitori e per tutte le tipologie di risparmiatori.
Realizzare i progetti di vita l’obiettivo principale
La ricerca di Pictet si è soffermata anche sull’attitudine al risparmio, mettendo in evidenza gli obiettivi ma e le paure nel mettere da parte del denaro prima ancora di decidere come investirlo. Il 41% del campione ha dichiarato ad esempio di voler accrescere le conoscenze finanziarie per realizzare i propri progetti di vita, mentre un buon 25% desidera imparare a risparmiare e un 23% vuole saper correttamente impiegare il capitale. In effetti, per tradurre i propri sogni in realtà, è fondamentale riuscire ad accantonare e crearsi un cuscinetto di protezione in caso di impreviste: queste, infatti, sono state le motivazioni portate dal 60% degli intervistati. Il connubio di shock degli ultimi tre anni ha però reso particolarmente difficile l’impresa, con il 46% che ha dichiarato di non riuscire a risparmiare mentre per il restante 33% dei casi solamente il 12% riesce a non spendere subito il 10% dello stipendio. Una difficoltà che si riflette nell’ansia finanziaria, di cui si dice affetto il 70% della popolazione e che pare proporzionale all’educazione finanziaria: quanto più è scarsa, cioè, la conoscenza della materia tanto più calano i rischi percepiti. Questa correlazione è ben evidente anche nel caso della previdenza complementare, con il 78% del campione complessivo che dichiara di non pensarci minimamente e il 55% dei giovanissimi disinteressati sul breve termine.
Social network sempre più centrali. Con Instagram in testa
Tra gli strumenti usati per informarsi, i social network passano dal 27% del 2021 al 36% e si confermano quale canale privilegiato. La loro è una cavalcata trasversale rispetto all’intero campione (investitori e non), anche a prescindere da generazione o patrimonio: WhatsApp, Facebook e Instagram (che cresce in modo significativo sul 2022) sono i più usati, mentre a seguire si collocano LinkedIn, Spotify e Tik Tok. È proprio nelle scelta della singola piattaforma che emergono però le differenze a livello di classe anagrafica: per Boomer (1940-1964) e GenX (1965-1980), WhatsApp e Facebook restano predominanti mentre GenY (1981-1996) e GenZ (1997- 2010) mettono al primo posto Instagram (35%). Particolarmente apprezzati come occasioni di apprendimento anche gli eventi digitali, che vengono indicati come i preferiti dal 24% degli intervistati, mentre prosegue il declino di stampa e tv nella dieta mediatica: se nel 2021 questi due fonti erano scelte dal 32% del campione, oggi la quota di chi le predilige si ferma ad appena il 18%.
Tornando ai social, non si ferma la crescita di fiducia complessiva da parte dei risparmiatori: mentre nel 2021 solo il 2% degli intervistati si esprimeva positivamente nei confronti di questi strumenti, il dato 2024 risulta pari al 27%. Subito dietro figurano amici e conoscenti, che mantengono salda la prima posizione (49%) come referenti di fiducia per risparmio e investimenti. Infine, guardando al rapporto con istituzioni, scuola e operatori del settore raccolgono la maggior parte delle preferenze: un’evidenza che trova riscontro nell’inserimento dell’educazione finanziaria nei programmi scolastici, apprezzata dal 58% del pubblico. Secondo Daniele Cammilli di Pictet AM, si tratta di uno spaccato in realtà non così positivo e che testimonia quanto sia urgente riflettere sulla produzione di contenuti sempre più targettizzati per tipologia di canale e generazioni cui si rivolgono. “La maggiore propensione a informarsi sulle piattaforme sociali facilità sì la fruizione ma genera anche molto rumore”, spiega Camilli, “rendendo più difficoltoso individuare temi di valore o distinguere fonti e professionisti affidabili”. Ecco perché, nella sua ottica, “è auspicabile un sempre maggiore allineamento tra scuole o Authorities e player di settore per creare contenuti certificati da declinare nelle forme adatte ai diversi social e interlocutori”.
L’importanza dei consulenti e della pianificazione
Nicola Ronchetti, fondatore e ceo di Finer Finance Explorer
Anche nel 2024 la maggiore complessità del mercato, unita alla difficoltà nell’identificare contenuti di valori e consulenti di fiducia, ha generato un forte biasrispetto all’orizzonte temporale di investimento. In un anno in cui il mercato azionario ha ripreso a performare bene, la visione di breve termine e l’idea di un rendimento sicuro offerto dai titoli di Stato hanno infatti continuato a prevalere. Tra gli investitori, il grosso dei portafogli è risultato carico di bond e governativi italiani (47%) mentre gli investimenti immobiliari hanno raggiunto il 22% e le azioni si sono fermate al 9% dall’11% di 12 mesi prima: una fotografia che testimonia scarsa diversificazione del rischio. Guardando poi la propensione all’investimento per fasce d’età, persiste il paradosso del lungo termine: sebbene un giovane sia il soggetto più indicato per investire in equity, dalle evidenze risulta che l’azionario cresce d’attrattività con l’avanzare dell’età. Dal canto loro, paradossalmente, le nuove leve si mostrano più interessate al rendimento ma meno a strumenti ritenuti ideali per iniziare un percorso di pianificazione finanziaria e investimento a lungo periodo: i piani di accumulo (PAC). Secondo Nicola Ronchetti, ceo di Finer, si pone dunque la necessità anche per gli asset manager di ripensare la loro offerta e il loro sistema di ingaggio. Se non altro, in considerazione delle minori disponibilità economiche delle generazioni più recenti. “Riscontriamo una polarizzazione dei contenuti verso clienti altamente patrimonializzati mentre il pubblico generalista si rivolgerà sempre di più alle piattaforme o ai canali digitali”.
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