SFDR: è aperto il dibattito sul futuro quadro normativo
Nell'attesa della piena ripresa dei lavori della nuova Commissione Europea, continuano le riflessioni sulla revisione del framework normativo che disciplina la finanza sostenibile
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Sostenibilità fa rima con valore. Ne sono sempre più convinti i top manager italiani che, nonostante un contesto economico e geopolitico grigio, continuano ad aumentare gli investimenti green. Solo nell’ultimo anno, infatti, hanno agito in questa direzione ben quattro dirigenti su cinque. È quanto emerge dal CxO Sustainability Report 2024 di Deloitte, che ne ha sondati 2.100 provenienti da 27 Paesi, Italia compresa. E l’evidenza è che ormai l’azione climatica non è in alcun mondo ritenuta in contrasto con la creazione di valore, ma anzi la guida e sta guadagnandosi un ruolo nella strategia di molte imprese tricolori.
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“Non c’è alcun segnale di rallentamento nell’impegno delle aziende per la sostenibilità”, spiega Stefano Pareglio, presidente di Deloitte Climate & Sustainability, sottolineando proprio il fatto che gli intervistati non vedono alcun contrasto tra il successo aziendale e la lotta al cambiamento climatico. Anzi, l’84% degli italiani e il 90% a livello globale ritiene che l’economia mondiale possa crescere senza rinunciare agli obiettivi climatici. E c’è anche ottimismo sul futuro della propria organizzazione: “Il 93% dei manager italiani e il 92% a livello globale è convinto che il successo aziendale possa andare di pari passo alla riduzione delle emissioni di gas serra”, aggiunge Pareglio.
Tra le tante sfide globali, secondo i manager il cambiamento climatico, in Italia, rimane la priorità. Per il 44% degli intervistati (37% a livello global) questo problema è infatti più urgente rispetto a quello dell’innovazione (40%), alle prospettive economiche (38%), all’incertezza geopolitica (36%), alle sfide legate alla supply chain (33%) e alla competizione tra aziende per i talenti (29%). Non stupisce, quindi, che l’80% abbia aumentato gli investimenti green rispetto all’anno precedente. E nel 15% dei casi l’incremento è significativo, mentre nel 65% è di minore entità ma comunque rilevante. D’altra parte il 69% prevede che il climate change avrà un impatto elevato o molto elevato sulla propria azienda nei prossimi tre anni. E tra le ripercussioni più rilevanti, spiccano il mutamento dei modelli di consumo (64% Italia, 51% media globale), le politiche green adottate a livello nazionale e internazionale (58% e 49%), ma anche l’elevato costo delle risorse (55% e 47%). Inoltre, le aziende tricolori segnalano il cambio di passo imposto dalle nuove metriche e dal reporting ambientale (53%), ma anche dall’aumento della pressione della società civile (53%).
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Il 76% si dichiara preoccupato per il cambiamento climatico “sempre o la maggior parte del tempo”: una percentuale molto significativa e in notevole aumento rispetto allo scorso anno (59%). Un balzo dovuto all’esperienza diretta di eventi estremi: il 45% degli intervistati nel nostro Paese, infatti, ha vissuto in prima persona alluvioni o allagamenti, il 42% siccità e il 31% caldo estremo. Allo stesso tempo, però, si respira anche più ottimismo rispetto alla precedente indagine: l’87% degli italiani e il 92% della media globale pensano che a livello mondiale verranno adottate misure sufficienti per scongiurare gli impatti più drammatici.
Altro aspetto importante è che le organizzazioni sono sempre più sotto osservazione per la loro azione climatica. A esercitare pressione sono soprattutto gli investitori e gli azionisti (71% Italia, 60% media globale), i clienti e consumatori (65% e 58%), i membri dei cda (60% e 59%) e la società civile (60% e 58%). Nel nostro Paese, dunque, emerge una pressione da parte di azionisti e investitori più alta della media globale.
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Al di là delle pressioni, però, i benefici generati dall’azione climatica sono numerosi e vanno molto al di là dell’impatto positivo sulla reputazione. Le aziende italiane stanno infatti riscontrando una vasta gamma di benefici, tra cui il risparmio sui costi (44% Italia, 35% media globale), la soddisfazione dei clienti (42% e 38%), le entrate provenienti da nuovi business (42% e 35%), l’innovazione dell’offerta e delle operations (40% e 36%) e una maggiore efficienza e resilienza della supply chain (40% e 37%). Inoltre, ci sono i benefici attesi per i prossimi cinque anni, tra cui migliori margini operativi (44% e 36%) e una migliore brand reputation e recognition (38% e 36%).
Le aziende stanno dunque adottando una serie di misure per centrare i loro obiettivi di sostenibilità. Tra le più diffuse ci sono l’efficientamento energetico (62% Italia, 49% media globale), l’uso di fonti d’energia rinnovabile (55% e 49%), l’impiego di materiali sostenibili (55% e 51%) e lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi rispettosi del clima (49% e 48%). Non mancano, però, anche alcune barriere. Il 27% dei top manager in Italia (17% media globale) dichiara di riscontrare difficoltà nel misurare l’impatto ambientale, il 20% (18%) dice che l’attenzione alle sfide aziendali a breve termine ha la priorità, mentre un altro 20% segnala una mancanza di requisiti per la rendicontazione.
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