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Secondo un’indagine di Opstart, a scegliere questo strumento sono ancora in pochi: pesa la scarsa educazione finanziaria. Tra i settori preferiti, la green economy
Uomo, over 30, laureato e residente nel Nord Italia. È questo il profilo dell’investitore tipo italiano che sceglie il crowdfunding. E che in media porta a termine una decina di operazioni all’anno prediligendo soprattutto settori come green economy, real estate, fintech e big data. A tracciarne l’identikit è l’Indagine Crowdfunding 2024 di Opstart, che sottolinea però come questo strumento sia ancora utilizzato da un’esigua minoranza, pari al 6%, nonostante si attesti al 44% la quota di chi ne conosce obiettivi e regole.
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La zavorra della scarsa educazione finanziaria
L’indagine, che unisce i dati raccolti tra la community di investitori di Opstart e quelli di un sondaggio realizzato con Bva Doxa su un campione rappresentativo della popolazione, evidenzia le note caratteristiche degli investitori italiani: prudenza e scarsa competenza. Oltre la metà (54%), infatti, mette a frutto i propri risparmi affidandosi ai consigli della propria banca o del proprio consulente finanziario (39%). Il 15% dimostra invece di avere un approccio più autonomo, esplorando anche opzioni alternative o online. In generale, il 51% predilige un approccio prudente puntando esclusivamente su prodotti a basso rischio, mentre nel 46% dei casi vengono adottate strategie diversificate, che includono prodotti più rischiosi e remunerativi. Appena il 3% opta per un piano ad alto rischio.
Nonostante l’Italia sia stata tra i primi Paesi in Europa ad aver regolamentato il crowdfunding fin dal 2013, molti investitori continuano insomma a mostrare diffidenza verso questo strumento, con il 18% che lo considera rischioso e il 16% poco affidabile. Secondo l’indagine, anche considerando che il crowdfunding rimane un investimento ad alto rischio, si tratta di una percezione comunque figlia di una scarsa educazione finanziaria: basti pensare che negli ultimi due anni è diminuita la percentuale di persone informate sui concetti di diversificazione del rischio (54,6%), di relazione tra rischio e rendimento (46,6%) e di tasso di interesse composto, con poco più di un decisore finanziario su tre che dichiara di sapere di cosa si parla (38,1%). “Acquisire una conoscenza finanziaria più approfondita aiuta gli investitori a comprendere meglio la natura e le caratteristiche del rischio, così che possano integrare efficacemente il crowdfunding nella loro strategia di diversificazione”, si legge nel report.
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Piace il “finanziamento dal basso”
Al contempo, però, il crowdfunding è apprezzato per il suo ruolo di finanziamento dal basso (40%) e per la diversificazione dei progetti (36%), con il 27% che valuta positivamente le ricompense legate all’investimento. Percezioni che, secondo gli autori dell’indagine, potrebbero essere confermate e condivise ulteriormente attraverso la conoscenza di base di nozioni finanziarie, che oltre il 90% vorrebbe introdurre nelle scuole e quasi l’80% nei luoghi di lavoro. “Nonostante sia spesso percepito come poco regolamentato e quindi rischioso, il crowdfunding in realtà può rappresentare un’opportunità di investimento redditizia, disciplinata da norme a cui si devono attenere tutte le piattaforme UE per poter operare, come il recente Regolamento Europeo 2020/1503”, spiega Giovanpaolo Arioldi, ceo di Opstart, ricordando che su questi operatori vigilano Consob e Banca d’Italia.
Identikit e preferenze dell’investitore italiano
Tra coloro che investono in crowdfunding, i dati rivelano una maggioranza maschile (85%), di persone laureate (54,9%), prevalentemente residenti al Nord Italia (47%) e tra i 30 e i 50 anni (48%) o sopra i 50 (41%). Nonostante il 62,7% non disponga di conoscenze in ambito finanziario, il 77,9% degli investitori è ottimista riguardo al miglioramento della propria situazione finanziaria, tanto che il 53,6% negli ultimi due anni ha concluso fino a dieci operazioni, con somme variabili tra i diecimila e i 50mila euro. Chi sceglie il crowdfunding tende poi a diversificare gli interessi verso settori innovativi e ad alto potenziale di crescita. Quello della green economy è tra i favoriti, con il 51% impegnato in progetti sostenibili e a basso impatto ambientale. La maggior parte degli investitori (89,2%) attribuisce grande importanza al sostegno di aziende sostenibili. Seguono il real estate, con il 39%, e il fintech (21%) e big data (19%), scelti per le loro prospettive tecnologiche. Altri settori di interesse sono food & beverage (16%), fitness (15%), health care (15%) e Ict (14%).
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Infine, a livello geografico, il Nord emerge come la zona predominante. In particolare, la Lombardia da sola raccoglie il 42% delle adesioni, seguita da Emilia-Romagna (11%), Piemonte (10% e Veneto (10%). A livello provinciale, Milano spicca come il principale polo di investimento, con oltre il 15% del totale, grazie alla sua posizione di hub finanziario ed economico e al forte interesse per settori innovativi come fintech, big data e green economy. Mantova segue con il 7%, e Torino si colloca al terzo posto con il 6%, grazie al suo dinamico tessuto imprenditoriale e all’attenzione verso i settori tecnologici e industriali. Bergamo e Brescia, entrambe con il 5%, confermano la forza economica delle province lombarde, con una crescente apertura verso il real estate e il food & beverage. Il Centro Italia spicca con il Lazio (6%) in prima linea: in particolare Roma, con il 5%, ricopre una posizione di rilievo per il suo patrimonio culturale e il settore immobiliare. Nel Sud e nelle Isole guida invece la Campania (3%).
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