Dal Congresso nazionale, il presidente dell’associazione che rappresenta figure dedicate ad affiancare aziende e famiglie nei rapporti con le banche lancia l’appello: “Solo soluzioni di investimento dedicate e un rapporto sinergico possono smuovere il patrimonio degli imprenditori”
Lorenzo Veroli, presidente di Cofip
Quella dell’advisor è un’attività dalle forti connessioni con il mondo imprenditoriale. Specie in un contesto, come l’Italia, che vede il tessuto economico-produttivo densamente popolato dalle PMI. Eppure, non sempre i professionisti dei portafogli hanno piena contezza di quanto le dinamiche aziendali influiscano sulle scelte patrimoniali di chi si trova alla guida di realtà produttive locali. È quanto sostiene Cofip, associazione che rappresenta figure specializzate nell’affiancare aziende e famiglie quando si relazionano con il mondo creditizio. Ecco perché al VII congresso nazionale dell’ente, svoltosi a Parma il 18 e 19 ottobre, il presidente Lorenzo Veroli ha lanciato un appello affinché si intensifichi il dialogo con l’altro profilo cui nessun patron può rinunciare per la gestione dei propri affari: il commercialista.
Secondo il numero uno dell’associazione, che attualmente raggruppa oltre 300 iscritti sul territorio nazionale tra commerciali (80%) e OCF/OAM (20%), la necessità di costruire un rapporto sinergico scaturisce da un cortocircuito del sistema. “I meccanismi europei di salvaguardia del risparmio hanno imposto agli istituti bancari del Vecchio Continente vincoli sempre più stringenti per la concessione del credito”, ha spiegato, “con il risultato che oggi i piccoli imprenditori hanno poche possibilità di finanziarsi sul mercato e sono spesso costretti a impiegare parte del proprio patrimonio personale quando vogliono acquistare macchinari o assumere personale piuttosto che intraprendere qualsiasi altra iniziativa di miglioramento della proprie attività”. Un meccanismo che, a suo giudizio, finisce per ripercuotersi anche sulle loro scelte di portafoglio in quanto riduce la disponibilità delle risorse che possono affidare a un banker. Da qui, l’appello a “instaurare un dialogo” tra le figure che si occupano delle due sfere coinvolte, promotori finanziari ed esperti di finanzia aziendale, per proporre soluzioni di investimento su misura o che comunque si compenetrino con esigenze più specifiche rispetto a quelle di un normale cliente retail. Solo in questo modo, infatti, ciascuna categoria può soddisfare i “propri interessi”. Da considerare poi il completamento dell’applicazione di Mifid, direttiva che richiede all’art. 25 di acquisire conoscenza della situazione finanziaria del cliente: “Nel caso sia un imprenditore, ciò impone di comprendere anche come i fabbisogni e gli orizzonti temporali dell’azienda possono impattare sulle allocazioni”.
Dalla normativa alla … normativa
Una questione, quella sollevata da Veroli, che parte dalla normativa e finisce con essa. Se infatti è vero cha il dibattito sulla Capital Markets Union si è intensificato negli ultimi anni, tanto da coinvolgere personalità del calibro di Enrico Letta e Mario Draghi, il presidente di Cofip ha constatato come permanga una certo immobilismo delle istituzioni nel riformare in maniera radicale gli strumenti che potrebbero permettere davvero alle PMI di “rendersi appetibili sui mercati” in mancanza di documentazione che ne attesti lo stato di salute o le prospettive di crescita. “Un esempio viene dalle piattaforme di crowdfunding”, ha spiegato, “che potrebbero rappresentare una valida risorsa ma non riescono a essere davvero efficaci in quanto sottoposte al vincolo di liquidare gli investimenti”. L’obiettivo cui deve tendere il legislatore in quest’ottica, ha concluso, diviene quindi quello di “far circolare quanti più dati possibile in modo da ridurre le asimmetrie informative che penalizzano i mercati privati rispetto ai canali in cui agiscono gli investitori istituzionali. Si apre così anche un altro tema: la capacità di comprendere le informazioni e la possibile esigenza di una figura competente nell’aiutare gli investitori a farlo.
Il Congresso ha dato a Cofip, che aggiunge all’attività di consulenza quella di formazione, l’occasione per fare il punto anche sui due grandi temi che promettono di interessare la categoria nei prossimi anni: l’impatto dell’intelligenza artificiale e la transizione a un modello di sviluppo sostenibile. Quanto all’IA, protagonista della prima tavola rotonda di venerdì, è stato chiarito come la sua implementazione nella finanza d’impresa non possa prescindere dal ruolo dell’uomo come selezionatore e interpretatore dei dati. “Per governare una tecnologia con tale potenziale di disruption servirà l’apporto di persone con cultura e competenze tecniche”, è il messaggio emerso dal panel. Altrettanto chiara la posizione dell’associazione e dei suoi membri sull’approccio delle dinamiche ESG: “Con un normativa in continua evoluzione, diviene sempre più incalzante la necessità per il professionista di formarsi per conoscere la materia e permettere ai clienti di mostrarsi credibili nelle richieste di accesso al credito anche sotto questo profilo”.
Una storia che parte da lontano
Lo sforzo di Cofip nel promuovere la figura del consulente finanziario professionista, uno specialista che affianca aziende e famiglie nei rapporti con il mondo creditizio per colmare le asimmetrie informative esistenti tra questi soggetti, parte da lontano. L’Associazione è infatti nata all’inizio del 2014 dall’intuizione e dall’impegno di un gruppo di esperti provenienti dal mondo della finanza: commercialisti, promotori finanziari e dirigenti bancari uniti dalla volontà di individuare una figura in grado di affiancare aziende e famiglie. Si tratta dunque di una realtà di lungo corso, che opera peraltro in un contesto organizzato e riconosciuto in quanto iscritta all’elenco delle associazioni professionali del Ministero delle Imprese e del Made in Italy che rilasciano gli attestati di qualità dei servizi. Il congresso di quest’anno si è concluso con uno sguardo alla prossima edizione, che si terrà a Cagliari nel mese di settembre.
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