SFDR: è aperto il dibattito sul futuro quadro normativo
Nell'attesa della piena ripresa dei lavori della nuova Commissione Europea, continuano le riflessioni sulla revisione del framework normativo che disciplina la finanza sostenibile
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Immediatamente dopo la crisi del 2007-2009 l’inflazione sia negli Usa che in Europa rimase al di sotto dell’obiettivo del 2%. La Federal Reserve iniziò le operazioni di Quantitative Easing – QE – a partire dal 2008 mentre la Banca Centrale Europea – Bce – iniziò tali operazioni nel 2015. Anche dopo il QE, sia negli Usa che in Europa l’inflazione rimase bassa, mediamente al di sotto del 2%. Questo fatto sembrava difficile da spiegare, dal momento che il QE iniettava enormi liquidità nell’economia. Il “puzzle of missing inflation”, cioè l’inspiegabile mancanza di inflazione, preoccupava governi e banche centrali. L’inflazione cominciò a salire nel 2020 e ora ha raggiunto livelli molto alti, intorno al 6-8%. Adesso la preoccupazione è l’alta inflazione. Ci si interroga su che cosa la produce e se è un fenomeno transitorio o destinato a durare.
Come possiamo interpretare questa evoluzione da “missing inflation” ad alta inflazione, e quali conclusioni economiche e normative ne possiamo trarre? Innanzitutto va osservato che il QE inizialmente ha coperto il crollo del credito bancario conseguente alla crisi, come illustrato nelle figure n. 1, 2, 3. [1]
Fig 1. – A partire dal 2009 si manifesta una differenza fra i depositi e il totale dei prestiti. Questa differenza viene colmata da QE la cui entità è misurata dall’incremento delle riserve delle banche.
Fig. 2 – Totale delle riserve presso la Federal Reserve. In tempi normali le riserve hanno un valore piccolo e servono a coprire i movimenti di fondi tra banche. A partire dal 2009 il QE ha fatto aumentare enormemente le riserve
Fig. 3 – Se si sommano i prestiti con QE si ottiene una curva che praticamente coincide con la curva dei depositi
Poiché il QE ha in realtà compensato inizialmente la mancata disponibilità delle banche a concedere finanziamenti non è sorprendente che non abbia creato inflazione. Inoltre, il QE si è rivolto soprattutto ai mercati finanziari e non ha raggiunto il consumatore medio. Hanno beneficiato del QE soprattutto le fasce di reddito e ricchezza più alte su cui l’inflazione non viene misurata (nelle righe che seguono chiariamo le modalità di misurazione dell’inflazione. Le fasce più alte di reddito e ricchezza consumano prodotti e servizi ad alto livello di innovazione sia qualitativa sia simbolica e che comunque non fanno parte del paniere)
La situazione attuale è differente. Il rialzo dell’inflazione è dovuto a fenomeni esogeni, il Covid prima e poi la guerra in Ucraina. Il Covid ha indebolito molti settori economici; le sanzioni comminate alla Russia hanno sconvolto gli approvvigionamenti energetici e di molte materie prime, generando cambiamenti probabilmente permanenti. Se vogliamo interpretare correttamente gli effetti di questi avvenimenti in termini di inflazione, dobbiamo guardare prima di tutto al concetto di inflazione e alla sua misurazione.
Nei libri di testo e nei rapporti delle agenzie statistiche, l’inflazione è considerata un termine il cui significato è ovvio. In realtà è ben lontano dall’essere ovvio. Per inflazione si intende l’accrescimento del prezzo di beni e servizi al consumo, così come la loro riduzione è chiamata deflazione. Se tutti i prezzi cambiassero della stessa percentuale e le quantità vendute rimanessero costanti, l’inflazione sarebbe un concetto ben costruito e semplice da capire. Ma i prezzi cambiano in direzioni differenti: i prezzi di alcuni prodotti e servizi si alzano mentre quelli di altri si abbassano. Inoltre le quantità vendute non rimangono costanti al passare del tempo.
Il problema di come riassumere con un solo numero il cambiamento di prezzo di beni eterogenei è il problema della creazione di un indice. E’ stato dimostrato che non esiste soluzione univoca al problema di creazione degli indici. Non solo non si può determinare in maniera univoca un indice dei cambiamenti di prezzo di beni eterogenei ma non è neanche possibile identificare semplici criteri che tutti gli indici ben formati debbono rispettare. Ma ci sono altri problemi ancora più seri. I prodotti e servizi di un’economia moderna cambiano qualitativamente con notevole rapidità e sono soggetti a rapidi cambiamenti di valore simbolico. Inoltre molti prodotti smettono di esistere mentre appaiono nuovi prodotti. Chiaramente il problema di definire un indice del cambiamento dei prezzi di prodotti che cambiano in continuazione implica scelte teoriche riguardo a quello che si considera costante.
In pratica, il calcolo dell’inflazione avviene scegliendo un paniere di beni che si considerano rappresentativi dell’economia [2] e per esso si calcola l’indice del cambiamento dei prezzi, chiamato il Consumer Price Index – CPI. Il cambiamento dei prezzi così calcolato viene esteso all’intera economia e forma la base del calcolo del tasso di inflazione (citato nelle pubblicazioni ufficiali). I difetti di questo sistema sono stati sottolineati da molti, in particolare dalla Commissione Boskin che nel 1996 produsse un rapporto sui metodi di calcolo dell’inflazione.
Secondo la commissione Boskin e secondo anche autori quali Martin Feldstein[3], il metodo di calcolo corrente sovrastima l’inflazione perché non considera i cambiamenti qualitativi. Più precisamente, cambiamenti di prezzo dovuti a cambiamenti qualitativi sono considerati inflazione. Questo fatto si riflette immediatamente sul calcolo del GDP (Gross Domestic Product) reale, ottenuto scontando il GDP nominale al tasso d’inflazione. Sovrastimare l’inflazione implica sottostimare la crescita economica. Per avere un’intuizione di questo fenomeno basta considerare che il GDP-pro capite nominale degli USA è cresciuto 36 volte nel periodo 1950-2020, ma questa crescita nominale è il prodotto di 9 volte inflazione e 4 volte crescita reale (Dati FRED). Considerata l’innovazione particolarmente rilevante verificatasi nel periodo 1950-2020, questa suddivisione tra inflazione e crescita reale è difficilmente credibile.
Le conseguenze pratiche possono essere serie. L’articolo di James Galbraith, Secular stagnation: real problems and statistical illusions, pubblicato nel 2021 nel The Japanese Political Economy, sostiene che artefatti statistici dovuti alla misurazione di crescita reale e inflazione, hanno condotto a erronee valutazioni di stagflation.
Dalle considerazioni precedenti si deduce che nelle economie avanzate moderne non si può gestire l’inflazione misurata da un singolo numero che si applica a tutta l’economia. Le economie moderne sono sistemi complessi in continua evoluzione. Prodotti, servizi e istituzioni cambiano in continuazione e così facendo rendono inapplicabile il concetto di inflazione ad interi settori economici. Si può applicare il concetto di inflazione solo ad un sottoinsieme di prodotti e servizi che restano sufficientemente stabili. Per contro una gran parte del cambiamento dei prezzi è giustificata da cambiamenti qualitativi.
Da un punto di vista normativo di politica economica, un intervento classico per contrastare l’inflazione usando strumenti quali i tassi di interesse avrebbe l’effetto di deprimere l’intera economia, ma soprattutto le fasce più povere senza ottenere risultati positivi. Per una corretta gestione dell’inflazione innanzitutto sarebbe necessario delimitare lo spazio di prodotti e servizi a cui applicare il concetto di inflazione. Questo si può ottenere utilizzando misure di complessità già ora disponibili, come suggerito nell’articolo The economic theory of qualitative green growth, Structural Change and Economic Dynamics [4] Questo permetterebbe di ridurre la stima dell’inflazione evitando di considerare come inflazione ciò che è invece innovazione e miglioramenti qualitativi.
Il secondo importante passo è capire le vere ragioni dell’inflazione nei settori a cui è applicabile. Nella congiuntura attuale sembra chiaro che l’impennata inflattiva è dovuta all’improvvisa interruzione di certe catene di approvvigionamento e al rincaro di materie prime soprattutto legate all’energia. Bisogna assolutamente evitare che certi settori traggano profitto da una congiuntura molto difficile per altri. Una fiscalità molto attenta dovrebbe scoraggiare interventi speculativi.
Il terzo passo, forse il più importante di tutti, è capire che è necessaria una programmazione a lungo termine con un’ottica sociale e non di solo profitto. Un’economia socialmente più giusta oggi non dovrebbe affrontare problemi acuti di inflazione sia perché riconoscerebbe il ruolo sociale dell’innovazione e della qualità riducendo la stima dell’inflazione, sia perché i reali rincari esogeni quali i rincari energetici verrebbero condivisi da tutta l’economia, riducendone grandemente l’impatto per il singolo.
Come suggerito in un post precedente in questo giornale, probabilmente non esistono forze endogene nelle economie moderne che spingano verso una maggiore giustizia sociale. La transizione verde ha la forza per farlo. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha riportato la guerra ad essere una realtà anche in quello che si considerava un mondo altamente civilizzato, cioè l’Europa. Ricordiamoci che si può entro certi limiti negoziare con gli umani ma non si può negoziare con la natura. Nonostante la guerra la transizione verde deve andare avanti.
* Sergio Focardi insegna “Economia della complessità” alla Franklin University Switzerland di Lugano, Svizzera. Miretta Giacometti, è stata titolare del corso “Economia dell’Innovazione” presso l’Università di Bologna.
[1] Le figure sono tratte da:Sergio Focardi, Money: What It Is, How It’s Created, Who Gets It, and Why It Matters, 2018, Routledge.
[2] Per i beni che compongono il paniere in Italia nel 2022, si veda https://www.istat.it/it/files//2022/02/Infografica-Paniere-prezzi-2022-versione-accessibile.pdf
[3] Feldstein è deceduto nel 2019. E’ stato Chairman of Council of Economic Advisers degli Stati Uniti.
[4] Frank J. Fabozzi, Sergio Focardi, Linda Ponta, Manon Rivoire, Davide Mazza, The economic theory of qualitative green growth, Structural Change and Economic Dynamics, 2022, Structural Change and Economic Dynamics.
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