I previsori di Francoforte limano al ribasso le attese sui prezzi e sulla crescita. Per molti analisti è un ulteriore indizio che l’allentamento partirà prima di giugno
Calano le stime di inflazione per l’Eurozona e peggiorano le prospettive di crescita. È quanto sentenzia la Survey of Professional Forecasters, l’indagine periodica condotta dalla Banca centrale europea per tastare il polso degli economisti. Dopo l’ultimo meeting dell’istituto, in cui la presidente Christine Lagarde non si è opposta all’opzione di un futuro allentamento ed parsa meno preoccupata per la dinamica dei prezzi, si rafforzano quindi le aspettative degli investitori su un taglio dei tassi anticipato in primavera.
Inflazione in calo e crescita debole tra le righe della survey
Il sondaggio di Francoforte, che ha coinvolto 59 economisti e analisti finanziari, vede l’indice dei prezzi scendere al 2,4% quest’anno e poi al 2% sia nel 2025 sia nel 2026: dello 0,3% la revisione al ribasso sul dato al 2024 e dello 0,1% quella relativa ai 12 mesi successivi. “Le motivazioni degli intervistati suggeriscono che i ritocchi riflettono principalmente l’impatto di prezzi del petrolio inferiori alle attese e dell’attività economica più debole”, si legge nel documento. Per vedere l’inflazione raggiungere il target del 2% bisognerà invece aspettare il 2028. Quanto alla crescita, il Pil atteso è stato limato sia per quest’anno che per il successivo: le aspettative sono ora per un’espansione dello 0,6% nel 2024 (-0,3%), dell’1,3% nel 2025 (-0,2 %) e dell’1,4% nel 2026.
Intanto, pur rimandano deboli, i prestiti bancari alle imprese dell’Ue hanno mostrato un lieve miglioramento nel mese di dicembre. Gli ultimi dati della stessa Bce mostrano infatti un aumento dello 0,4% su base annua dopo la crescita zero di novembre. Il credito alle famiglie è invece salito dello 0,3%, in rallentamento rispetto al precedente +0,5% mentre la misura M3 della massa monetaria, considerata un buon indicatore della futura espansione economica, è passata da -0,9% a +0,1%.
Sale l’ipotesi di un primo taglio in aprile
Nonostante il falco Martins Karzaks, membro lettone del board di Francoforte, sia tornato a tuonare che “l’errore peggiore sarebbe tagliare i tassi troppo presto”, aumentano le scommesse su una riduzione prima di giugno. I mercati monetari valutano ora quasi all’85% la possibilità di una prima sforbiciata di 25 punti base ad aprile e danno al 20% circa quella di una riduzione a marzo. E anche i tassi forward a breve prezzano a 147 punti base l’ipotesi di tagli nel 2024, dai circa 140 della tarda serata post meeting e dai 130 pre-conferenza. Secondo gli analisti, infatti, Lagarde ha cautamente gettato le basi per cambio di rotta, pur sottolineando l’importanza dei dati. Cruciali per la tempistica di un allentamento, saranno quindi i numeri in arrivo sui salari e le proiezioni macro della riunione del 7 marzo. Importante sarà poi anche l’inflazione di gennaio, in pubblicazione tra meno di una settimana.
Per gli esperti di Deutsche Bank, se dovessero arrivare evidenze di una crescita e di un carovita inferiori a quelle previste dalla Bce, è probabile che le sforbiciate inizieranno ad aprile. Anche secondo Citi, l’Eurotower ha aperto (“intenzionalmente o meno”) a un taglio dei tassi anticipato. E ora l’attenzione, oltre che sui dati, deve essere spostata sulle comunicazioni dei singoli governatori per confermare o meno questa inflessione accomodante nella politica monetaria. “Eventuali reazioni nei prossimi giorni potrebbero rivelare il vero grado di dovishness”, sottolineano gli analisti della società. Di diverso parere Morgan Stanley, secondo cui l’atteggiamento ‘morbido’ di Lagarde rappresenta il desiderio di avere le mani libere e di rispettare la dipendenza dai dati piuttosto che un segnale di svolta imminente. La previsione della banca Usa resta infatti di una prima sforbiciata a giugno.
Secondo il country head Italia della società, il nuovo anno si apre con prospettive di crescita che supporteranno i mercati ma aumenteranno la dispersione dei rendimenti. Approccio selettivo all’azionario globale e investment grade europeo le strategie da preferire, mentre in termini di business la capacità di offrire soluzioni personalizzate sulle expertise distintive (anche grazie all’intelligenza artificiale) farà sempre di più la differenza
Secondo l’AllianzGI Dividend Study, nel 2026 saliranno ancora a 496 miliardi. Per l’Italia previsto un incremento a 32 miliardi quest’anno. I maggiori aumenti nell’healthcare e IT, ma il settore finanziario rimane in testa
Con la nuova amministrazione USA possibile, secondo Daniel Moreno di Mirabaud AM, uno shock inflazionistico (anche se una tantum). Con gli investitori che faticano a tornare sull’asset class, le opportunità rischiano di svanire. Turchia e Argentina su tutte ma serve selettività
Utili, dispersione settoriale e opportunità globali: BlackRock vede rosa per il mercato azionario ma raccomanda un’attenta selezione, tenendo conto di tre variabili. E del fatto che le occasioni non sono solo a stelle e strisce
Il PIL gobale si attesterà al 3,3% quest’anno. Su le attese per gli States (+2,7%), limate quelle per il Vecchio Continente (+1%) e per l’Italia (+0,7%), che farà peggio della media Ue. “Rischi al ribasso"
Gli analisti dell’agenzia di rating presentano a Milano l’outlook 2025 per il Belpaese. La ripresa economica è in atto ma ci saranno molti elementi da monitorare. Sul fronte bancario le prospettive sono stabili: occhi puntati sulle operazioni di M&A del settore
Stati Uniti ancora in crescita, Europa meno attrattiva e volatilità sui mercati. Il nuovo anno, per gli esperti di Allianz Global Investors, sarà dettato dalle incognite, ma riserverà sorprese sull’obbligazionario governativo USA e sull’azionario europeo
Dai verbali di dicembre emerge la richiesta di valutare una sforbiciata da 50 pb. E una maggiore fiducia sul ritorno al target dell’inflazione. Sondaggio Reuters: tassi al 2% alla fine del primo semestre
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Alessandro Tentori, CIO Europa di Axa IM, nell’outlook della società per il nuovo anno individua diversi cambi di passo: la FED potrebbe allentare la propria politica dei tagli dei tassi e le obbligazioni governative per i gestori figureranno come asset tattico, non più strategico
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