Il presidente di Aipb Andrea Ragaini illustra i driver che guideranno l’industria del private banking alla vigilia del XX Forum dell’associazione. Obiettivo: spingere il patrimonio dei clienti e metterlo al servizio dell’economia. Intanto, l’anno passa in archivio con una raccolta di 55 miliardi e masse in crescita a 1.242 miliardi
Non solo preservare una ricchezza che a fine 2023 valeva quasi 5.692 miliardi di euro, tra le cifre più elevate del mondo, ma collocarla lungo un sentiero di crescita che la riallinei alla traiettoria degli altri Paesi e ne faccia anche un moltiplicatore del PIL. È questo l’impegno che il private banking si è assunto confronti delle famiglie italiane alla vigilia del XX Forum di Aipb, l’evento annuale pensato per sondare lo stato di salute del comparto. Nel confronto con la stampa svoltosi a Milano il 20 novembre, il presidente dell’associazione Andrea Ragaini è infatti stato chiaro: per rilanciare gli investimenti dei clienti d’alta fascia serve ridurre la liquidità, migliorare la diversificazione e allungare l’orizzonte temporale di riferimento. Uno slancio che trova supporto nei numeri realizzati dal settore, tra cui masse in crescita del 12,8% a 1.242 miliardi e una raccolta positiva per 58 miliardi.
Raccolta positiva e masse da record: i numeri 2023
Andrea Ragaini, presidente di Aipb
Il numero uno di Aipb ha anticipato ai giornalisti come l’industria abbia archiviato l’anno con una crescita superiore a quelle degli altri canali. “Il 2024 si chiuderà con un ulteriore aumento delle masse gestite”, ha detto Ragaini, precisando che a spingere il patrimonio sono stati soprattutto tre fattori: una raccolta di 58 miliardi di euro, un effetto mercato positivo per 55 miliardi e 28 miliardi extra provenienti dall’ingresso di nuovi player. “Quella che andremo a registrare è una variazione del 12,8% rispetto ai 1.101 miliardi di 12 mesi fa”, è stato il suo commento finale, “molto più dell’1,3% messo a segno dagli altri operatori”. Quanto agli afflussi nello specifico, il presidente ha chiarito come il 16% arrivi dalla consulenza evoluta: un dato che, vista la propensione di questo modello a ricercare anche il beta di mercato, testimonia come stia aumentando il tasso di penetrazione dei prodotti passivi nell’offerta dei banker.
L’industria ai raggi X
Raccolta e patrimonio del private banking italiano nel 2024. Fonte: Aipb
Ricchezza delle famiglie: un’emorragia da tamponare
È proprio sfruttando di questi numeri che il private banking, sempre a detta del suo massimo rappresentante, intende fornire supporto all’economia del Paese. E il primo elemento di debolezza su cui si prefigge di intervenire è il patrimonio delle famiglie. Nonostante a livello nominale sia quasi triplicata negli ultimi anni, passando da 1.975 miliardi di euro nel 1996 a 5.692 miliardi nel 2023, questa grandezza è infatti diminuita dello 0,4% annuo in termini reali (da 8.674 a 7.893 miliardi) come effetto dell’esposizione a diverse forze erosive: la capacità dei nuclei di generare nuova ricchezza è ad esempio diminuita significativamente, passando da flussi cumulati di 1.746 miliardi di euro tra il 1996 e il 2009 a soli 950 miliardi di euro negli anni successivi, mentre il tasso di risparmio si è ridotto all’8,4% dal 28% degli anni Ottanta senza tradursi in un aumento significativo dei consumi o in un impulso alla crescita.
Perchè la ricchezza delle famiglie cala
Propensione al risparmio il % al reddito e spesa delle famiglie italiane (in milioni di euro). Fonte: Prometeia, rapporto di previsione settembre 2024
Da qui l’importanza, segnalata dallo stesso Ragaini, di non limitarsi a preservare lo status quo ma piuttosto “valorizzare e far crescere gli stock esistenti” in modo che possano anche fungere da supporto al sistema produttivo del Paese. “Le dotazioni dei francesi sono aumentate tre volte più delle nostre, quelle dei tedeschi quattro”, ha ammonito il presidente, dicendo che “dobbiamo invertire questa tendenza”. Quanto alle strade da imboccare per riuscire nell’intento, un sondaggio condotto dall’associazione insieme a Doxa restituisce chiaramente l’opinione degli addetti ai lavori: la riduzione della quota di liquidità viene indicata dal 91% dei leader di settore, una maggiore diversificazione degli investimenti dal 92% e l’estensione dell’orizzonte temporale dal 88%.
Più azionario per ridurre la liquidità e diversificare
La prima leva sui cui agire per migliorare la situazione attuale consiste dunque nel promuovere una più efficiente asset allocation di quelle famiglie private, tre le 700mila distribuite da Nord a Sud del Paese, che si affidano ad almeno un banker. “Il 51% della ricchezza è concentrata in immobili”, ha infatti detto Ragaini, notando che la parte finanziaria investibile è sbilanciata sulla liquidità (40%) e sul comparto obbligazionario (45%) mentre le azioni pesano appena il 10%. Si tratta, in buona sostanza, di smuovere denaro e riorientare i portafogli in primis verso l’equity. “Il capitale di rischio rende in media il 10,7% annuo contro il 3,9% dei bond e il 2,4% del cash ma bisogna lavorare per disinnescare i timori dei clienti”, è stata la proposta del presidente, che ha elogiato quelle soluzioni di investimento pensate per spostare progressivamente l’allocazione verso classi di attivo più sofisticate.
Il portafoglio delle famiglie italiane
Ricchezza finanziaria delle famiglie italiane e di quelle private per asset class. Fonte: elaborazioni Aipb su dati di Banca d’Italia, Itinerari Previdenziali, Prometeia
Con gli alternativi si allunga l’orizzonte temporale
Nella visione di Aipb, cruciale sarà anche allungare l’orizzonte temporale delle allocazioni. Ma se la prima soluzione più immediata per raggiungere tale obiettivo sembra potersi rinvenire nel ridurre l’abitudine a vendere quando il prezzo scende e acquistare quando sale, tendenza che appare evidente dal confronto tra l’andamento dei mercati azionari e della raccolta dei fondi aperti distribuiti in Italia, quella immediatamente successiva prevede di aumentare il peso degli asset illiquidi. Nonostante le famiglie private vantino infatti un portafoglio più diversificato rispetto alle altre, con la liquidità che incide solo per il 12% e un 29% di investimenti in azioni, classi di attivo alternative incidono per appena lo 0,3%. Da qui l’interesse dell’industria per i mercati privati, con il 33% dei player che li vede in crescita fino al 5% nel medio termine e uno su dieci che è convinto possano perfino superare questa soglia. “In Italia ci sono 30mila aziende con oltre 30 addetti o 100 milioni di fatturato”, ha detto Ragaini a supporto della view, “e la Capital Market Union aiuterà a creare ulteriori opportunità”. “Sicuramente”, ha però puntualizzato, “serviranno stimoli fiscali e un’infrastruttura che faciliti l’avvicinamento del pubblico”.
Non solo asset illiquidi. L’operazione crescita non può infatti prescindere, secondo il presidente, neppure dallo sviluppo della protection advisory: “Con 300 euro di premi per abitante contro i 3.433 dell’Olanda e solo l’11% dei clienti che si reputa sufficientemente coperto da rischi, la maggiore penetrazione assicurativa risulta indispensabile per il settore”. Ed è proprio tale consapevolezza ad aver spinto Aipb ad avviare tavoli con le compagnie per lo sviluppo di prodotti dedicati al segmento private in termini sia di franchigie che di coperture. “Bisogna rendersi conto che le famiglie con un patrimonio sopra i 500mila euro hanno esigenze diverse da quelle delle altre”, è la sintesi del pensiero espresso dell’industria.
L’importanza di sostenere gli imprenditori
L’appuntamento con la stampa ha dato a Ragaini anche l’opportunità di indicare un nuovo obiettivo per Aipb: sostenere gli imprenditori anche in maniera diretta. Con il 23% dei clienti rappresentato da proprietari di aziende, per un’incidenza del 30% sul totale delle masse in gestione, l’industria può infatti giocare un ruolo chiave in questo senso. E la conferma arriva niente meno che dai diretti interessati: il 94% dei patron intervistati dall’associazione nell’ambito di una survey ad hoc ha infatti inserito l’azienda tra i temi di cui vorrebbe parlare durante gli incontri con il suo banker. Un tema che testimonia l’importanza di creare un ponte anche con i commercialisti, altra figura chiave per chi gestisce una PMI, al fine di compiere scelte patrimoniali che tengano conto di fattori come le fonti di finanziamento, la governance, le voci di bilancio da ripianare con le proprie disponibilità.
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