Chiarezza, formazione e trasparenza. Queste le tre variabili che sono state evidenziate dall’assemblea annuale FEduF. Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli: “Allocare il risparmio è fondamentale in un’epoca di inflazione, per cui non esistono rimedi istituzionali o puramente privati”
Chiarezza, formazione e trasparenza: queste le variabili a cui sono più attenti i risparmiatori italiani, secondo una rilevazione di Ipsos presentata nell’ambito dell’Assemblea annuale di FEduF (la Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio nata in seno all’Abi per diffondere le competenze finanziarie). Nel dibattito, moderato da Daniele Manca, vicedirettore de Il Corriere della Sera, sono intervenuti Stefano Lucchini, presidente della Fondazione, Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, Stefano Zamagni, docente di Economia Politica all’Università di Bologna e Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, Nando Pagnoncelli, presidente Ipsos, e Magda Bianco, responsabile del Dipartimento Tutela della clientela e educazione finanziaria della Banca d’Italia.
La necessità di un’educazione finanziaria
Antonio Patuelli, presidente dell’Abi
“Allocare il risparmio è fondamentale in un’epoca di inflazione, per cui non esistono rimedi istituzionali o puramente privati” afferma Antonio Patuelli, presidente dell’Abi. Specificando che non si tratta di creare un’educazione finanziaria solo in senso classico. “Le condizioni di mercato determinano la necessità di concentrarsi su un’educazione all’allocazione dei risparmi” spiega, “per combattere l’erosione della ricchezza causata dall’inflazione”.
Avere una maggiore educazione finanziaria significa anche accrescere il livello di competenza delle nuove generazioni di investitori e imprenditori. Si tratta di creare un “vantaggio competitivo per le giovani generazioni e di protezioni per gli anziani” specifica Stefano Lucchini, presidente della Fondazione. “La guerra in Ucraina e le conseguenti situazioni di crisi”, continua, “ci mettono di fronte alla certezza che solamente ripartendo dai fondamentali possiamo guardare al domani con la certezza di avere fatto la nostra parte”.
Quattro punti da cui partire
Se idealmente si potesse creare un progetto di educazione finanziaria, “quali contenuti dovrebbe contenere?”, si chiede Stefano Zamagni, docente di Economia Politica all’Università di Bologna e Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Zamagni individua quattro punti fondamentali dal quale si dovrebbe partire. “Bisogna spiegare che risparmiare non è accantonamento del denaro sotto il mattone” specifica Zamagni. Significa invece spiegare cos’è la pianificazione finanziaria, “specialmente alle famiglie”.
In un secondo momento sarà necessario “spiegare i meccanismi di natura psicologica che condizionano le scelte finanziarie”. L’economia behaviorista si è sviluppata da qui, d’altronde. Zamagni ricorda che “non è vero che esistono solo razionalità nelle scelte finanziarie”.
Un terzo punto riguarda la finanza etica, che influenza un quarto delle transazioni finanziarie secondo Zamagni. “I fondi etici sono in tremendo aumento, soprattutto negli Usa”. “Bisogna spiegare in che cosa consiste la finanza etica, come si esprime e perché” continua Zamagni, “abbia preso un impulso di questo tipo”.
Infine, Zamagni pone l’accento sulla fintech: “è una cosa seria, non destinata a scomparire”. Dare importanza alla tecnofinanza significa approcciarsi in modo proattivo ai nostri tempi. “L’evoluzione della finanza digitale sta ponendo problemi delicati”, come nell’ambito dei pagamenti sottolinea Zamagni. Non insegnare l’importanza della fintech espone i risparmiatori al rischio di manipolazione è alto. “L’educazione finanziaria è parte non secondaria del progetto democratico”.
Evidenze
Gli assunti di Patuelli e Zamagni si basano sulla ricerca che Ipsos ha presentato durante l’evento. Il report ha seguito due macro-obiettivi, spiega Nando Pagnoncelli, presidente Ipsos: “l’individuazione dell’attuale concezione di risparmio per gli italiani e la verifica della loro consapevolezza del legame tra risparmio privato e crescita economica pubblica”.
Il campione dell’indagine contava 1.000 individui in una fascia d’età tra i 16 e i 65 anni. Gli intervistati hanno rilevato un peggioramento percettivo dell’attuale situazione economica. “Inversione di tendenza”, evidenzia Pagnoncelli, “che ha riguardato gli ultimi due mesi dello scorso anno”. Subito dopo, lo scoppio del conflitto e il dilagare dell’inflazione hanno deteriorato maggiormente la percezione e l’ottimismo dei risparmiatori.
Nel 2021 il 53% riusciva a risparmiare senza troppe rinunce, un terzo dichiarava di non essere tranquillo, ovvero il 44% e una bassa percentuale dichiarava di aver intaccato i propri risparmi. Nel 2022 le percentuali si sono distribuite in modo diverso, rispettivamente: 39%, 32% e 29%.
Dall’indagine si evince ancora che “il 65% del campione è preoccupato per il livello dell’inflazione e il 77% è consapevole dell’impatto che il proprio investimento ha sull’ecosistema”.
“Abbiamo chiesto poi al campione, per essere cittadini responsabili quali sono gli ambiti di formazione più importanti?”. Gli intervistati si sono così divisi: salute per il 43%, sostenibilità 41%, alimentare 27%, digitalizzazione 24%, coesione sociale 24% infine economia- finanza solo per il21%. Ad avvertire la necessità di un’educazione finanziaria, paradossalmente, sono stati individui appartenenti alle fasce d’età più giovane e con esperienze economico-finanziarie e di investimento pregresse.
“Ci sono delle aree di attenzione” sottolinea Pagnoncelli, “nel legame tra risparmio privato e crescita sociale”. “L’elemento importante”, continua, “è che il 41% auspica un linguaggio chiaro e semplice per essere indirizzato verso un investimento idoneo, il 35% cerca una formazione adeguata”. Solo il 12% non crede nel legame tra il proprio investimento e l’impatto nella società.
Appare chiaro, conclude Pagnoncelli, “che ci sia una domanda di trasparenza, di comunicazione chiara e di formazione adeguata per comprendere i meccanismi di investimento”.
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