L’azionario globale sta crescendo da mesi ma sono pochi titoli tech a trainare i listini. Per Brambilla di AcomeA, serve cercare valutazioni a sconto ed aree meno battute. Giappone, Europa ed emergenti selezionati gli ingredienti per proteggersi dai rischi. Ma attenzione anche alle Pmi italiane
Giovanni Brambilla, responsabile investimenti di AcomeA SGR
Non confidare eccessivamente nella buona perfomance che l’equity sta realizzando da alcuni mesi a questa parte. Per Giovanni Brambilla, responsabile investimenti di AcomeA SGR, è questo il vero mantra da seguire per un investitore azionario che voglia superare indenne le minacce (geopolitiche e non solo) dell’imminente futuro. Il mercato azionario attuale si presenta infatti molto concentrato ed è stato spinto al rialzo soprattutto da fattori come l’espansione dei multipli e le forti aspettative di crescita. Ecco quindi che, per garantirsi un vantaggio più duraturo, può rivelarsi utile andare alla ricerca di valutazioni più a sconto e diversificazione globale. Anche puntando lo sguardo verso aree geografiche o mercati normalmente considerati di nicchia.
È d’accordo con chi sostiene che, di fronte agli shock degli ultimi tre anni, siano le borse ad aver retto anziché i bond?
Il draw down sui governativi dei Paesi sviluppati è certamente da record ma anche le borse non se la passano bene in termini di performance. La dinamica positiva che vediamo oggi sugli indici è infatti l’effetto della capitalizzazione e deriva da una eccezionale concentrazione di performance su pochissimi titoli. Da marzo 2023 questo effetto ha favorito, specialmente negli Usa, il settore tech e l’AI. Tutto il resto nel 2023 è piatto o addirittura presenta rendimenti negativi, che si concatenano con quelli di segno meno del 2022.
Indici concentrati sono sinonimo di borse fragili?
No assolutamente. Non è la prima volta che un bull market viene trainato da pochi titoli e, in particolare, da quelli che pesano di più in un indice. Il vero punto di attenzione risiede nel fatto che le azioni protagoniste del rally hanno potuto esserlo grazie una generale espansione dei multipli e partendo da valutazioni che già scontavano molta crescita attesa. Una circostanza da leggersi come segnale che il rialzo messo a segno da negli ultimi nove mesi possa essere effimero e che serva un cambio di leadership tra i titoli per continuare.
Dove trovare allora un vantaggio più duraturo sui mercati azionari?
Dopo un 2022 discreto, il fattore value ha ricominciato a battere in testa. Il mantra dei titoli sottovalutati pare non produrre i risultati sperati nonostante la razionalità di fondo dell’approccio. Ritengo tuttavia che, per dirla alla Machiavelli, ‘la variazione grande delle cose’ – e mi riferisco ai recenti sconvolgimenti geopolitici e finanziari – possa mettere in crisi ciò che ha funzionato bene in passato. La diversificazione azionaria globale è la grande sconfitta degli ultimi dieci o 15 anni a causa della straordinaria over performance della borsa Usa. Tuttavia, lasciare tali principi per un approccio quasi esclusivamente rivolto a temi di investimento growth può rivelarsi molto rischioso. Tornando al tech, quanto potrà andare avanti una situazione di mercato per cui un titolo sale solo perché esiste una parte degli investitori che lo desiderano ad ogni costo? Negli ultimi decenni, l’indice S&P 500 ha realizzato una sovraperformance di oltre il 200% sulle altre Borse. Tuttavia, il delta di crescita delle aziende Usa rispetto al resto del mondo è aumentato molto e molto meno. E in questo fenomeno, i buy back aziendali sono stati importantissimi per i volumi transati, soprattutto tra il 2010 e il 2021, quando il ricorso al credito da parte delle aziende era poco costoso. Insomma, un meccanismo ‘price discovery’ non di grande qualità.
Quali aree geografiche dovrebbero quindi essere riconsiderate dagli investitori sulla base di valutazioni generali ritenute più a sconto?
Posto che gli Usa rimangono un mercato interessante in alcuni casi, un portafoglio globale ben diversificato deve tenere in considerazione il Giappone, alcuni Paesi Emergenti e l’Europa con particolare focus sulle Pmi Italiane. Nel Paese del Sol Levante una serie di riforme della Borsa locale sulle aziende e una neo-campagna di fondi attivisti stanno imprimendo maggiore efficienza al sistema. Senza dimenticare che le società locali vantano un’altissima qualità, non solo perché sono le meno indebitate al mondo rispetto al patrimonio netto ma anche perché la mediana del ritorno sul capitale investito è più che raddoppiata negli ultimi dieci anni e si è portata praticamente in linea con quella delle imprese americane all’11%. Per gli Emerging Markets il discorso è analogo: si tratta di economie che hanno saputo crescere in modo significativo, talvolta all’equilibrio nelle partite correnti. Fondamentali che, tuttavia, non trovano riscontro nelle valutazioni generali dei relativi mercati, che rimangono prossime ai loro minimi storici
E le PMI Italiane? Nel 2023 sono rimaste al palo
La situazione attuale delle Pmi è indicativa dell’inefficienza di questo mercato. Allo stesso tempo, però, offre significative opportunità per agli operatori specializzati come AcomeA SGR, i cui AuM investiti nell’asset class raggiungono i 150 milioni di euro. Se infatti è vero che nel 2023 la categoria ha sottoperformato, mettendo a segno un -30% rispetto alle sorelle maggiori, l’analisi dettagliata rivela come i fondamentali delle piccole stelle di Piazza Affari rimangano solidi e si accompagnino a quotazioni estremamente appetibili a confronto con il segmento large cap. Le valutazioni medie sono a sconto del 30% sulla media del Ftse Mib e gli indici di qualità, come quelli legati al debito, appaiono inferiori del 40% rispetto alle blue chip tricolori.
Cosa pensa dei fondi flessibili, che quest’anno hanno visto significativi deflussi dal sistema mappato da Assogestioni?
Grazie al ritorno dei rendimenti sulle obbligazioni e a una correlazione fra bond e azioni che tornerà tendenzialmente negativa, una strategia dinamica e globale su queste asset class potrà risultare essere vincente poiché è in grado sfruttare il ciclo di mercato e investire in titoli più a sconto e sottopesare invece quelli più cari, mantenendo un’esposizione stabile ed evitando di incappare nell’illusione del market timing.
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